domenica 31 dicembre 2006

2006 in rock








Bulimia musicale la chiama Vit, approvo questa definizione. Solo di dischi nuovi nel 2006 ho ascoltato, a vario tiolo, e con differnete intensità, partecipazione e longevità, questi:

bruce springsteen the seeger sessions *****
neffa alla fine della notte ****

pearl jam pearl jam ***

pearl jam live in Milan 17/09/06 *****

widespread panic earth to America ****

capossela ovunque proteggi *****

hank III straight to hell *****

johnny cash american recordings V ****

graziano romani confessions boulevard ****

gogol bordello gipsy punk ****

fabri fibra tradimento ***

wilco kicking television ***1/2

billy joel live 12 gardens ****

tom waits orphans ***1/2

bob dylan modern times ***

level 42 retroglide ***

bob seger face the promise ***
justin timberlake futuresex/lovesounds ***1/2

dan sartain join ***

sam moore overnight sensational **1/2

the kooks inside in inside out ***

jerry lee lewis last man standing **

motorhead kiss of death ***

joan as the policewoman real life***

two gallants what the toll tells ***1/2

artic monkeys whatever... ***

catfish haven tell me ***

cò sang chi more pe’mme ***

willie nelson (with ryan adams) songbird ***1/2

the nighthawks blue moon in your eye ***

marlene kuntz s-low ***

amos lee supply and demand *

Gomez how we operate **
Dave Alvin west of the west ***

Primal scream riot city blues ***

Morrisey ringleader of the tormento ****

Electric president s/+ ****

The pipettes we are the pipettes ***1/2

TV on the radio return to cookie mountain ***

Senza alcun dubbio il disco di Hank III e quello di Neffa sono state le autentiche rivelazioni dell'anno. Poi sul podio anche Bruce, per affetto, fanatismo, per il coraggio che ha dimostrato nel proporre questa musica nel terzo millennio, e perchè nel farlo ha sfornato un capolavoro.

sabato 30 dicembre 2006

Hang 'em high




E così il 2006 vede la fine di Saddam.
Che il problema terrorismo sia peggiorato dopo le guerre in Afghanistan e Iraq sono stati proprio gli USA a dirlo; che questa esecuzione probabilmente innescherà altre violenze è un'eventualità molto concreta; che all'epoca dei fatti per cui è stato incriminato l'ex leader iracheno (strage di Dujail, 1982) Hussein stringesse gaudente la mano al futuro segretario di stato Rumsfield e che probabilmente la vera causa scatenante del conflitto di Bush jr è stata la decisione del Rais di far pagare non più in dollari ma in euro i barili di petrolio, è storia nota.
Ma tantè.
Giustizia è fatta sibila George daboliù, e lui è uno che se ne intende di giustizia somministrata attraverso strumenti di morte, visto il palmares di tutto rispetto che ha ottenuto quando era governatore del Texas. Nel sapere Saddam penzolante da un patibolo probabilmente Bush deve aver avuto un brivido di nostalgia per i bei tempi in cui i veri uomini del lone star state potevano andare in giro con corda e sapone nel baule dell'auto per sistemare le cose all'istante con chi (generalmente negri) se lo meritava.
Non si si affligga signor Presidente, la sua condotta del mondo è quanto di più vicino a quell'ideale di giustizia. Sta facendo un buon lavoro.

E...Huh...Ahmedinejad ha da poco comunicato ufficialmente di voler usare gli euro per il commercio del suo oro nero. Insert coin and get ready

venerdì 29 dicembre 2006

I Pogues sono morti. Viva i Pogues



Ci deve essere una subdola morale occulta se mi si rompe il piccì proprio quando devo scrivere del viaggio a Londra per vedere i Pogues. Comunque, una decina di giorni dopo e più povero di cento eurini passati dalle mie tasche a quelle del negozio di informatica che mi ha rimesso in piedi il pc, vado ad esporre i fatti che mi hanno portato insieme a paddy in quel posto infame che è brixton, suburb of london.

Mattina del 17,una sola cosa doveva fare Patrizio ed era abbastanza semplice. Ficcare nel fottuto portafogli la carta di credito che serviva per il ritiro dei biglietti (Già pagati) al box office. Ecco perché davanti al banco del check-in di Orio, alle 08:20 l’avrei preso a roncolate in testa incurante della presenza di addetti alla sicurezza e di poliziotti, quando, con un sorriso di circostanza ha abbozzato: “Ho dimenticato la carta di credito!” .
Arriviamo a Stansted, prendiamo il bus per victoria station (acquistando i biglietti da una ragazza che:”potete anche parlare in italiano, sono di ceppaloni”). In tutto 28 sterle, più di quaranta euro. Mica male.

I cartelli promettono una corsa di 50 minuti, in realtà il bus ce ne mette 40 in più, siamo dal lato del pullman esposto al sole, e il caldo si fa sentire (anche perché sono bardato tipo totò e peppino al loro arrivo a milano ne “la malafemmina”).
Giriamo londra, è una bellissima giornata di sole: buckingam, piccadilly, soho, qualche pub che serve ottima guinness, qualche acquisto (in un negozio suggerito da Lorenzo corvonero troviamo abbigliamento sportivo a prezzi ridicoli) , i megastore di musica e i negozietti di dischi usati, da cui mi aspettavo di più, poi ancora pubs a vedere in diretta west ham – Manchester utd (prima sconfitta della stagione per i red devils!) dove Patrizio, con dimostrazione di coraggio e incoscienza sfotte i tifosi degli hammer per l’eliminazione subita da parte del Palermo (“Greetings from Palermo…”)

Arrivano presto le cinque del pomeriggio, non sappiamo bene cosa ci aspetta al box office, se dovremmo urlare, negoziare,piangere,implorare o minacciare la signora dei biglietti e quindi decidiamo di avviarci nella tubes per raggiungere brixton, che Lorenzo mi aveva avvertito essere posto infame.

Alle cinque e mezza siamo lì, il quartiere è a prevalenza nero, chiediamo a un poliziotto dovè l’academy e ci avviamo guardandoci le spalle. Passiamo davanti a due-tre pubs, dentro giovani con magliette dei Pogues e pinte in mano. Bene, abbiamo un rifugio sicuro.

Al box office finalmente! ci avviciniamo con circospezione, abbiamo deciso che se la smazza paddy, un po’ perché è colpa sua e un po’ perché con l’inglese se la cava meglio del sottoscritto.

Gentile come non è mai stato, fa passare sotto il vetro la stampata della prenotazione, la signora dall’altra parte ci gela: “credit card please…” Patrizio spiega, che non l’ha portata, che veniamo dall’italia apposta per il concerto, mostra la carta d’identità, l’e-mail, la ricevuta dell’acquisto, racconta di quando nell’85 ha visto per la prima volta i pogues a mil… Vedo passare una busta dallo sgabiotto all’esterno, nelle mani di Paddy e capisco che ce l’abbiamo fatta.

Baci e abbracci, accenni di stornelli del repertorio di shane e soci e ci infiliamo nel pub vicino alla stazione della metro a riempire un paio d’ore. Gulasch e Guiness (meno buona delle precedenti) e socializzazione con un gruppo di irish drunk as a rule, pronti alla battaglia delle prime file ci accompagnano piacevolmente fino al momento tanto atteso.

Le otto. Entriamo finalmente.
Dentro, la prima brutta sopresa: siamo in alto, nelle balconate, dove, per divieto affisso, è vietato alzarsi durante lo spettacolo. Mi guardo in giro e vedo famiglie, over 50, e ragazzini annoiati. Merda. Non che volessi pogare e farmi distruggere naso e denti, ma sotto avrei trovato un posticino dove cantare e ballare felice in tutta sicurezza. Provo a corrompere un addetto all’entrata del front stage, ma non c’è speranza.

Tra l’altro siamo sistemati davanti al passaggio. Avete idea di cosa significhi, a londra, essere seduti sul passaggio che porta alle uscite, e quindi ai bar?!?

Suonano in apertura i Larrikin Love, non male il loro folk rock etnico, ma l’acustica è tremenda. Speriamo sia l’impianto del gruppo spalla e con i Pogues la cosa si sistemi.

Nove e dieci. Il deejay che da almeno mezzora ci massacra le palle con roba inascoltabile spegne la musica e soffoca con un cenno della mano il boato che si scatena: c’è stato un problema tecnico e lo show è ritardato di mezz’ora. I folli sotto il palco, già carburati e caldi al punto giusto,sfogano la loro incazzatura.

Sulla grancassa della batteria di Andrew Ranken,dove normalmente campeggia il nome o il simbolo del gruppo, spiccano falce e martello. Curioso e inaspettato.
Alle nove e trentacinque si spengono le luci e via che si va. Entra il gruppo e vedo Shane. E’ ben oltre gli atteggiamenti da dannati del roccheroll, è proprio conciato da fare schifo. Barcolla vistosamente, per quello che posso vedere da dove sono gli occhi sono ridotti ad una fessura ed ha un sorriso da ebete semicosciente stampato sul volto. L’acustica si conferma una chiavica e si può dire che per tutta l’open track Streams of whiskey, a sentirsi sono solo i cori del pubblico perché della voce di Shane nemmeno l’ombra.

Alla fine del primo pezzo c’è un po’ di scazzo tra il gruppo e le prime file, irritate per il ritardo (causato a quanto pare da alcuni bicchieri di birra finiti sul mixer) che rischia di far perdere a molti l’ultima corsa della tubes londinese, prevista per le 23:50. Tutto risolto e si riprende. If i should fall from grace with god riconcilia le parti (pur continuando a sentirsi davvero male). Dopo the Broad majestic shannon , Shane gira le spalle barcollando e esce dal palco. Il gruppo attacca, con Finer alla voce young ned of the hill. Questo copione si ripeterà per tutto lo show, MacGowan canta al massimo tre canzoni di fila e poi esce e la scaletta è preparata in modo che a quel punto ci sia un pezzo
(Tuesday morning, Thousand are sailing e Repeal Of The Licensing Laws) suonato dal resto del gruppo. Shane è davvero messo male, più che una rockstar strafatta sembra un’ottantenne con l’alzhaimer. Fatica a mettersi la sigaretta in bocca, esce di scena incerto con la pinta vuota e ritorna spaesato con la pinta piena, sbiascica a parlare e mi mette addosso una tristezza infinita.

Il concerto prosegue così, ogni tanto penso che la band (Spider Stacy sembra il più nervoso di tutti) si renda conto di che spettacolo penoso stia dando portandosi in giro, come nelle fiere di paese d’altri tempi, un freak caricato a molla e mostrato ai villici che sbavano, e spero per questo provi almeno un po’ di vergogna. Sono anche convito che mentre suonano e vedono uscire dal palco Shane non possano evitare di domandarsi: “ce la farà a raggiungere l’uscita? E tornerà in tempo per attaccare la sua parte?”

Lo show continua, ma sono da un’altra parte con la testa, la gente continua a passare davanti alla nostra fila con bicchieri di plastica trasparenti pieni di birra e bottigliette di soft drinks alla wodka. I Pogues proseguono con il loro greatest hits live, non manca quasi niente del loro repertorio più noto. Aspetto questo concerto da tre lustri e mi rendo conto solo in quel momento che non vedo l’ora che finisca. Nei bis qualcosa migliora, a piccoli gruppi anche nel nostro settore la gente si alza, balla, comincia a cantare. Sally Mac Lennane, Rainy Night in soho e the Irish rover, durante la quale Shane si incarta, perde il tempo, lo riprende lo riperde va fuori tonalità, si gratta la testa perplesso.

Fairytale of New York è cantata in coppia con la figlia di Jem Finer, che ha una voce monocorde e piatta, l’opposto di quella melodiosa e armonica della povera Maccoll. Scende una neve artificiale, che pare svegliare dal suo torpore Shane, stupito come un bambino, e poi durante il bridge strumentale la ragazzina si avvicina prudente al MacGowan per un ballo. E qui si tocca davvero il fondo. I due si tengono a dovuta distanza, con le braccia sulle spalle e cominciano a girare, sgraziati , per un minuto che dura un eternità. Shane continua a girare barcollando, fa tenerezza, avrei voglia di fermare tutto e portarlo via, proteggerlo, salvarlo da quel destino infame che sembra però ineluttabile.

Si finisce con Fiesta, Shane praticamente non canta limitandosi a trascinare il brano alla sua conclusione, il copione prevede che Shane e Spider escano con un vassoio di metallo in mano, e che in alcuni punti del brano, se lo battano in testa a tempo. Spider si applica, mentre Shane se lo gira tra le mani senza capire esattamente cosa debba farci.

Non assistiamo ai saluti, siamo già fuori a correre verso la metro. Per strada ragazzi vendono a dieci sterline la maglietta dei Celtic Glasgow marchiata Pogues. Tiro dritto.
Non voglio un ricordo di questa serata.

martedì 26 dicembre 2006

Frredom for my HD!


Ci ha pensato Andrea, il tecnico che mi ha messo a posto il computer (e va da sè, alleggerito di cento e passa euro) a risolvere il dilemma morale di avere o meno 10 gb di musica sull'hard disc. Come? Mi ha pulito tutto il disco fisso per benino. Non ho più niente adesso, nemmeno un file. Tantè che su slsk mi rimbalzano alla grande. Ma sapete cosa vi dico? Mi sento meglio, più leggero (anche il pc per la verità viaggia meglio) e poi comunque mi sto già dando da fare...

domenica 24 dicembre 2006

Guida ragionevole al frastuono più atroce



Finalmente ho recuperato questo libro di Lester Bangs.Era da tempo sulla mia lista e quest'anno, grazie ad un buono regalo da 40 euro da spendere in feltrinelli, ho chiuso la pratica. Lester è indicato da molti come una figura di culto del giornalismo musicale americano, in un certo senso è colui che ha inventato un modo nuovo per parlare di musica.Ha scritto per Rolling Stones, Creem, NME,Village voice,cantato in qualche bands, e scritto di musica in maniera sempre personale e anticonformista (sinceramente anticoformista).E' morto nell'82 a soli 34 anni. Di più potrò dire dopo la lettura.

sabato 16 dicembre 2006

C'è solo un Lester Bangs (anzi c'era)


Compro riviste musicali da sempre. Sì, prima di internet ne prendevo molte di più (almeno due-tre al mese) , a seconda dei periodi sono passato da Ciao 2001 e Tuttifrutti (1st version, quello pocket mensile) a HM (chi se lo ricorda il primo mensile di heavy, su carta dozzinale e pieno di errori grammaticali?) quindi a Metal Shock, poi al Mucchio (che era springsteen-mellencamp dipendente) al Buscadero(country,blues,folk e irish sugli scudi).

Compravo i giornali e poi i ciddì, spesso fidandomi di rece con più punti esclamativi che contenuti. Ho incrociato ottimi giornalisti, dotati di competenza e senso dell'ironia e altri presuntuosi e arroganti convinti probabilmente che il sole sorgesse dal loro fottuto buco del culo. Mi sono perso però le "ultime generazioni" di periodici musicali; dico ultime generazioni e subito si capisce che razza di troglodita sono, visto che mi riferisco ad esempio a blowup e rumore o rockerilla, che comunque affollano le edicole da più di un lustro.

Non ho mai comprato questi giornali perchè, cazzo sembra che lo fanno apposta, hanno sempre in copertina nomi e facce a me del tutto indifferenti. Nomi mai sentiti o sentiti di sfioro. Sembra che se metti in copertina una band conosciuta da più di trenta persone sei un pirla commerciale qualunque. Ad ogni modo. Qualche giorno fa, mentre ero perso in uno dei miei velleitari propositi artistici mi sono detto: perchè non comprare tutte le riviste musicali di questo mese e affrontare la più grande recensionedi carta inutile che sia mai stata fatta?

Cavoli, l'idea mi piaceva davvero, poi visti i prezzi degli articoli e, sopratutto, il poco tempo che avrei avuto a disposizione ho accantonato l'idea concentrandomi sui tre titoli di cui sopra: Rumore, Blowup e Rockerilla.

Ho cominciato con il primo che ho trovato nell'edicola delle partenze in aeroporto, e cioè Rumore. In copertina i The good the bad and the Quuen, ch ea me sembra un gruppo alquanto prescindibilie, ma tantè. Dentro tanti nomi misconosciuti e la top 20 del 2006. Hanno vinto i TV on the radio, che ho recuperato e che mi accompagnano in questo inutile delirio.

The road to Brixton 4


E' per domani.
Ho comprato un orribile cappellaccio di pile e dei guanti di lana, che dovendo stare in giro tùt al dì, serviranno. Non so bene cosa aspettarmi dalla giornata, spero che Paddy sia lucido e reattivo. Il che significa che non si perda nei pub fino all'ultimo secondo per poi farmi capicollare in subway fino a brixton.

La scaletta delle prime date in UK dei Pogues è buona,unica pecca Boys from County Hell, che vorrei proprio sentire e che invece fa dentro e fuori dalla scaletta. Speriamo bene. Ormai ci siamo.

venerdì 15 dicembre 2006

The road to Brixton 3

Momenti di puro panico ieri.
Non era ancora arrivato il corriere con i biglietti e ticketmaster non rispondeva
alle mail di sollecito.
Alla fine, sul filo di lana:
"Thank you for your email.I have checked your booking and your tickets have not yet been dispatched. Therefore they will now be held at the box office for the card holder to collect. Please take your card as identification and quote your booking confirmation number.I hope you enjoy the show."
Certo che prendere un aereo per Londra e sperare che al box office non ci siano casini è un aggiunta di pathos di cui francamente non avvertivo l'esigenza, ma tantè.

Il countdown dice meno due.

giovedì 14 dicembre 2006

Outing

"Five green bottles sitting on the floor
And i wish to christ
and i wish to christ
That i’ve fifteen more"
The Pogues, Boys from county hell


"When the world is too dark

And I need the light inside of me
I'll walk into a bar
And drink fifteen pints of beer "
The Pogues, Stream of whiskey




Mi sono chiesto spesso perché fa così figo vantarsi di bere (alcolici, of course) e fumare (joint, naturalmente). Perché ha questo fascino sui giovani, perché ne parlano in termini attraenti scrittori, poeti, attori e rockstar. Me lo sono chiesto perchè, se non fosse stato per tutta l'attrazione derivata dal cinema e dal rnr, e avessi dovuto bere o fumare senza aver subito queste influenze, probabilmente non l'avrei mai fatto.
Comincio adesso ad apprezzare davvero una birra fresca, mentre alle canne ho rinunciato per manifesta inferiorità del mio organismo. Ma perchè questo fascino dicevo? Per gli effetti inebrianti o di astrazione, certo, ma allora perché fa cool anche il dopo sbornia? “Cazzo come sono figo mentre vomito l'anima nel cesso o sono in preda ad un mal di testa terrificante”. Non è moralismo, è outing. Perché io come molti ho subito il fascino proibito di alcol e droghe (leggere, va da se) ma sapete qualè la novità? Fatta qualche eccezione (la guiness a Dublino) non mi è mai piaciuto bere e farmi le canne. Certo mi piaceva l’effetto che producevano queste sostanze, ma arrivarci era una faticaccia. Confesso che a volte ho preso una birra media solo perché le circostanze la facevano preferire a una coca, e che quando leggevo ellroy facevo il duro come i suoi personaggi e andavo via a doppiette whiskey-birra con delle conseguenze devastanti. Ma che fatica. E poi guardate quelli che passano la loro esistenza nei pub: si trovano a quarant’anni col ventre gonfio sformato e le pinte se non sono almeno cinque non le sentono nemmeno. Lascio fuori da questo ragionamento critico il vino, che abbinato ad una buona cucina (anche semplice, ma buona) è cosa buona e giusta.

C’è anche la possibilità che io non abbia il fisico e che tutta questa elucubrazione nasca un po’ dall’invidia verso chi invece butta giù a profusione, ma se non fosse un po’ ipocrita che outing sarebbe?

mercoledì 13 dicembre 2006

The road to Brixton 2

Manca davvero poco ormai.

Non sono ancora arrivati i biglietti, e comincio ad essere preoccupato. Devo ancora cambiare gli euro. La carta d'identità è a posto. Patrizio non ha avuto il coraggio di dire alla compagna la reale natura del viaggio e le ha raccontato di fungere da interprete per accompagnare un gruppo a Londra. Per sostenere questa invenzione si è fatto mandare una lettera (da me, sigh!) in cui la cosa viene ufficializzata.

Meno quattro.

martedì 12 dicembre 2006

A curse upon you mr pinochet...


Con almeno quarant'anni di ritardo (ma potrei dire anche 91) ha liberato il mondo dalla sua infame presenza il generale pinochet. Responsabile, con l'ausilio e l'appoggio degli stati uniti d'america di deportazioni, sparizioni, torture e violenze nei confronti di migliaia di cittadini cileni (ma non solo)dall'11 settembre 1973.


Ci sono delle occasioni in cui vorrei davvero credere alla vita dopo la morte. All'inferno e al paradiso. Questa è una di quelle occasioni. May you burn in hell tonight, general pinochet.

domenica 10 dicembre 2006

Freedom for your HD!


Nello stilare la lista dei dieci migliori album del 2006 mi rendo conto di quanta musica ho avuto l'opportunità di ascoltare, e quanto poco mi abbia lasciato una traccia.

Colpa della qualità del pop rock che si produce oggi certo, ma colpa anche del poco tempo che dedico alle cose nuove, ho un sacco di roba nell'HD che non ho ascoltato per intero nemmeno una volta. E sono sicuro di non essre l'unico in questa situazione.


Viva il p2p dunque, che ti apre velocemente e senza pagare dazio (quasi) tutte le porte, ma un pò di nostalgia per quando ai dischi si faceva il filo, e il rito dell'ascolto (in cuffia, quando il resto della famiglia dormiva) era una sacra liturgia.

sabato 9 dicembre 2006

Rewind


La testa fa strani scherzi. Innesta dei meccanismi effetto domino che da una situazione banale fanno risvegliare ricordi addomesticati del passato. Ero sul tram, il 23 mi sembra. Avevo le cuffie e ascoltavo i Jam (In the city), il rumore del mezzo rendeva quasi inascoltabile la musica, e alzare il volume di tracce registrate a 192 kbs produceva un effetto di scompesazione dei toni che cominciava ad alimentare un mal di testa del tipo a percussione.

E allora comincio a pensare quanto sarebbe fico avere un lettore mp3 che, pur alzando il volume, mantenesse fedeltà perfetta del suono, e magari coprisse il clangore del tram con una bella melodia serena a pacificante (chessò “willin’” dei little feat). Ed è lì che mi viene in mente la scena del trailer del film “il tempo delle mele” in cui lui si avvicina a lei in discoteca, e le mette sulle orecchie le cuffie di un walkman. Immediatamente si interrompe la disco music e lo spettatore ascolta il movie theme sdolcinato del film (situazione fisicamente impossibile, se
abbiamo presente il volume della musica nelle disco, seppur di 25 anni fa).

Questo indesiderato flashback mi ha fatto comunque tornare alla mente quanto ho odiato, senza averlo nemmeno mai visto, quel cazzo di film.
Ero in terza media e il tempo delle mele era una di quelle occasioni in cui chi già aveva la fidanzata ce la portava al cinema, chi puntava qualcuna coglieva l’occasione per chiederle di andarci insieme e gli altri rosicavano.
“L’hai visto il tempo delle mele?” ti chiedevano con il sorriso a 32 denti gli appartenenti alle prime due categorie, ben sapendo che non potevi averlo visto da solo o con fratelli o genitori “Vaffanculo”, pensavi tu, ma intanto abbozzavi una scusa e cambiavi discorso.
Ma quello insisteva “io sono andato a vederlo con tizia, oh, del film ho visto solo la prima mezzora, perché poi ho capito che ci stava e allora abbaimo limonato, poi gli ho messo una mano sulla gamba…” Non ce ne era uno che avesse visto questo film senza aver fatto andare mani o lingua o entrambi.

Sul lettore è finito il disco dei jam e parte wreckin crew degli overkill, che è tutto l’opposto della melodia serena e pacificante che agognavo, però è quanto mai efficace e opportuna: si porta via tutto, i fighetti della terza media, sophie marceau, gli amori preadolescenti.

Tutto, eccetto il mal di testa.

venerdì 8 dicembre 2006

The Road To Brixton



Nove giorni.

Poi io e patrizio prenderemo quel volo e chiuderemo il cerchio.
Era il 1991, primavera probabilmente, nella sua 127 amaranto paddy caccia dalla custodia una cassetta originale bianca.
Il nome del gruppo inciso sopra era The Pogues, il titolo del lavoro If i should fall from grace with God.
La band è capitanata da uno sdentato ubriacone di nome MacGowan, prende il nome da un'espressione gaelica che significa "baciami il culo" e l'album in questione più o meno ha per titolo " se dovessi cadere dalla grazia del signore".
Patrizio ha sfidato la mia ottusità musicale alimentata quotidianmente a Springsteen e Mellencamp e non di rado da pessimo heavy metal e ha infilato il nastro nell'autoradio.
Primo pezzo, la title track.
Punto. Gioco. Partita.
Questo non è un blog sui Pogues, anche se il titolo è mutuato da un loro incredibile pezzo, e anche se comincia con il countdown per vedere un loro show.
E' un blog, per parafrasare frank zappa, fatto da uno che non sa scrivere che parla di troppe cose che non conosce, per gente che non lo andrà a leggere.