lunedì 31 dicembre 2007

Best of 2007 (e leviamoci il pensiero)


Anno musicalmente fiacco, il 2007. Se me l’avessero detto dodici mesi fa, che avrei definito così un anno che ha compreso uscite di Steve Earle e Bruce Springsteen, probabilmente non ci avrei creduto. Ma tantè. Come dicevo qualche post indietro, un po’ è anche colpa mia, che ho guardato più indietro che avanti, e alla mia attitudine al singalong che è diventata quasi una patologia. Una manciata di dischi da tramandare ai posteri sono riuscito comunque a selezionarla, anche se mi rendo conto che non sono dei capolavori assoluti.

Delusione dell’anno, e anche questa affermazione sarebbe stata per me impensabile fino a settembre (il disco è uscito a ottobre), Bruce. Non che il disco sia inascoltabile, neh. Però ribadisco il concetto già ampiamente illustrato, è il primo disco del repertorio che alle mie orecchie suona insincero, un tentativo di raschiare in termni commerciali il fondo del rullante della E Street. Bando alle ciance, so che state trattenendo il respiro in attesa dei miei top del 2007, e allora here we go!

Robert Plant & Alison Krauss
Raisin sand

La vera sorpresa dell’anno. Un disco prodotto magnificamente (non potevano esserci dubbi, in realtà) da T-Bone Burnette. Non c’è il folk della Krauss, né l’hard rock di Plant, ma un sound che fonde e inventa un genere più vicino a Tom Waits che alla sommatoria dei due artisti.

Steve Earle
Washington Square serenade
Un buon ritorno per Steve, il cambiamento epocale nella sua vita (il trasferimento dal Tennesse a New York) si riflette nel disco in maniera contraddittoria. A fronte di una manciata di canzoni magnifiche, si registra un appannamento della vena politica più angry. Un peccato veniale, il ragazzo è innamorato, e si sa, l’amore appanna la creatività.

Ryan Adams
Easy Tiger
Il ragazzo prodigio dell’americana è tornato a conciliare la sua vena creativa con una certa dose di commercialità, trovando il giusto equilibrio, come non gli capitava da Gold. Il ragazzo prodigio ha trovato anche la misura, riuscendo a restare sotto i quaranta minuti e mantenendo così alta la concentrazione dell’ascoltatore.

Xavier Rudd
White moth

Mi avevano segnalato questo artista anni fa, ma l’avevo trovato un pò troppo clone dell’originale (Ben-voi-sapete-chi). In questo disco avviene una notevole emancipazione dal modello di base, oltre ad un suo appannamento creativo irreversibile. Si naviga a vista tra folk d’autore, reggae e musica etnica senza mai perdere la bussola.

Ry Cooder
My name is Buddy
Disco politico dell’anno. Ry Cooder torna con un disco di musica folk-blues, e lo accompagna di testi a forte demarcazione sociale (socialista?) attraverso la metafora di Buddy, gatto rosso licenziato dalla fabbrica che insieme agli altri lavoratori cerca di ricreare uno spirito collettivo di solidarietà che il movimento ha da tempo perso. Musica e liriche impedibili.

Degni di nota anche:


Devendra Banhart - Smokey Rolls Down Thunder Canyon, affascinante, ma che ho scoperto solo qualche giorno fa, e ha bisogno di sedimentare.

Mavis Staples – We’ll never turn back, anche qui lo zampino come produttore di Ry Cooder. Una raccolta di canzoni di lotta dei neri americani, con qualche chicca (la conclusiva Jesus on the mainline). Se riuscite ad ascoltare We shall not be move, sapendo cosa rappresenta, senza commuovervi, siete dei fottuti cyborg.

The Dillinger Escare Plan – Ire works, un grande gruppo deve partire da una grande ragione sociale, e qui ci siamo. La musica poi. Beh, se si ha la costanza di superare il per me indigesto growling, si arriva a sonorità eterogenee, strizzatine d’occhio ai RHCP e hard pop.

John Mellencamp – Freedom’s road, il tempo passa e John è lì, eterno ragazzino col ciuffo a fare le sue canzoni adolescenziali sulla libertà. Non solo quelle, per fortuna. Freedom’s road si può definire come il fratellastro di Lonesome Jubilee, che arriva quasi vent’anni dopo.

99 Posse – intera discografia. Non posso non tributare alla gang napoletana il giusto plauso per avermi fatto divertire alla grande per mesi, in questo 07. Non li avevo mai considerati troppo perchè li vedevo più come espressione folkloristica di certa gioventù da centro sociale. Grande il mio stupore nel constatarne la maturazione che li ha portati ad un passo dall’essere i Massive Attack italiani.

domenica 30 dicembre 2007

Go Nagai, go!


Per molti (direi la totalità) della mia generazione, Altas Ufo Robot (Goldrake) fu qualcosa di epocale. Personalmente ero già appassionato di fumetti di Super eroi, ma quel cartone animato coinvolse anche bambini e ragazzini che fino a quel momento erano quanto di più lontano dalla fantascienza e dai fumetti.

Goldrake è stato il primo, l'apripista di uno squadrone di personaggi colorati dagli occhi enormi e il coraggio da kamikaze. Jeeg, Daitan III, Mazinga, Mazinga Z, Gundam, solo per citare i più famosi.


Ovviamente all'epoca (è proprio il caso di dirlo) ci si fermava alla visione del programma, non c'era la possibilità di utilizzare il motore di ricerca del web per avere informazioni, non c'erano fanzine, le riviste di televisione ne parlavano pochissimo, i giocattoli quando sono arrivati, costavano troppo. Quando poi le possibilità di approfondire si sono manifestate, l'interesse era sfumato e quindi questa grande passione della fanciullezza è rimasta legata esclusivamente alla visione delle gesta di Actarus.


Ho letto pertanto con piacere l'intervista pubblicata su XL di Repubblica, al creatore di Goldrake, ma anche di Mazinga e Mazinga Z, Go Nagai.


Nagai spiega la genesi della serie Atlas Ufo Robot, nata dopo Mazinga Z e il suo seguito, Il grande Mazinga ma trasmesso prima di quest'ultimo, in quanto gli sponsor (sigh!) già allora si facevano sentire, e trovarono Mazinga troppo "adulto" (forse perchè c'era un robot donna che sparava le tette?) e privo di momenti di comicità.

Via a Goldrake allora, che sbarcò in Italia per primo e fece il botto.


Go Nagai si definisce una persona pacifica e amante della pace, e sostiene che nelle sue serie la violenza non è fine a se stessa, ma la risposta di un popolo che rifiuta di essere sottomesso. Molto semplicistico certo, e anche molto giapponese. Secondo me, molto banalmente ai ragazzini piace vedere scene di azione, di lotta e se a questo aggiungiamo che a farla sono essere alti sei piani, con missili, raggi, armi bizzarre ed esplosioni a raffica è ancora più apprezzata. Aggiungiamo poi che a metà settanta i cartoni animati giapponesi hanno trovato terreno fertile, visto che i palinsesti per ragazzi erano alimentati a Braccobaldo e Pippicalzelunghe. Direi che non c'era scampo.


L'intervista era ovviamente una marchetta che Nagai ha pagato per parlare dell'uscita rimasterizzata e ri-doppiata della serie completa, senza tagli e censure, in 12 dischi, di Atlas Ufo Robot.

Anche il genio dei robot deve mangiare...

venerdì 28 dicembre 2007

The last radio

L’amico Lino, agente rampa a Malpensa e giornalista musicale free lance sul Buscadero,mi ha segnalato questo spazio: http://www.lastfm.it/ , che è una sorta di comunità. Quindi profilo personale, hobbies, spazio per un blog, eccetera. E fin qui nulla di nuovo. La particolarità è che lastfm.it è dotata di un software che “ricorda” la musica che ascolti attraverso il pc, e quando ti connetti, accendendo la radio del sito, ti manda una playlist con i tuoi ascolti preferiti, oppure inserendo il nome di un’artista o una band, comincia a cercare e riprodurre artisti affini a quello selezionato.
Oddio, non sempre gli accostamenti sono quanto di più gradito (digitando Springsteen mi ha messo in rotazione dai Creedence ai Bon Jovi), ma il risultato è comunque apprezzabile.

La funzione “ricerca e riproduci artisti similari” è disponibile per tutti anche senza iscrizione, mentre la funzione “mi ricordo e riproduco la musica che hai ascoltato dal tuo pc” necessità del download di un software che legge i brani salvati nel pc, li memorizza e riproduce quelli più ascoltati.

Ecco, io per ora, sarà perché in queste cose sono un po’ paranoico, questo programma non l’ho installato. Però mi sono registrato, ed essendo indisponibili i miei soliti nick (monty e bottleofsmoke), ho optato per il titolo del primo libro di Ellroy che ho letto, ilgrandenulla.
Così se passate di là sapete dove trovarmi.

Yo!

Sono in preda ad uno dei miei deliri completisti, manifestato attraverso il recupero di una serie di dischi rap/hip-hop estratti dalla lista dei migliori 500 dischi pop/rock/jazz di sempre espressa da Rolling Stone.
La lista, considerato che già avevo Public Enemy – It takes a nation of milions to hold us back, Run DMC – Raising hell, Eminem – The Marshall Mathers LP e Wu-tang clan – Enter the Wu-tang:36 chambers, comprende:

Dr Dre – The chronic
Jay-Z – Blueprint e Reasonable doubt
LL Cool jay – Radio
NAS – Illmatic
The Notorius BIG – Ready to die
N.W.A. – Straight outta Compton
Outkast – Aquemini e Stankonia

Non moltissima roba quindi. Da profano stupisce l’assenza di Tupac o dei Last poets, ma d’altronde non è l’unico rilievo da fare su questi presunti 500 album essenziali.Vogliamo parlare ad esempio della presenza dei No doubt? Anche per Rolling Stone USA è tutto un magna magna…

giovedì 20 dicembre 2007

From Veloso to Morrison


Arriva così, ignorato alla sua uscita, e inaspettato nella sua bellezza. A dieci giorni dalla fine dell'anno e a poche ore dalla chiusura delle rotative di stampa per l'articolo dei migliori album del 2007, ciondolando come Depp nei Pirati dei Caraibi, è tornato Devendra Banhart.

Smokey rolls down thunder canyon è uscito qualche mese fa, non so perchè non l'ho cercato subito. Forse il motivo sta nel fatto che Devendra Banhart è uno di quelli che non gli si sta dietro, che non fa sedimentare i suoi dischi e che subito ne produce di nuovi, uno di quelli che non avrà mai da pubblicare, in tempi di vacche magre, un cofanetto di inediti.


Dopo l'ottimo Nino Rojo, lo splendido Rejoicing in the hand, e se mi volete bene almeno un pò dovete farvi attraversa dalla meravigliosa open track This is the way ("I know I know we have a choice We choice rejoice"), l'evitabile Cripple crow e a tre anni di distanza questo Smokey rolls down thunder canyon.

Non è semplice raccontare questo disco. Parte con un omaggio alla musica latina che si chiude con Samba Vexillographica, e proprio quando ti stai abituando al clima tropicale ricreato dalle note, arrivano una Seahorse che potrebbe stare a pieno titolo su Strange days dei Doors, una Bad girl da White Album dei Beatles, Tonada yanomaminista che amoreggia con gli Stooges e Shabop Shalom che non farebbe brutta figura in un greatest hits di Barry Manilow.

Come concilia Banhart tutta sta roba che in altre mani sarebbe una mappazza pacchiana? Se la prende comoda, senza presunzione e con naturalezza e charme. Proprio come fa Depp nei panni di Jack Sparrow.
Regalatevi un natale freak.

In prigione in prigione, parte 2

Passata la sbornia mediatica, politica e cabarettistica sull'indulto, quello che resta, come molti di entrambe le fazioni temevano, è un panorama desolante.
Avevo sostenuto l'indulto come azione compassionevole nei confronti di troppi poveri cristi lasciati a se stessi in strutture fatiscenti e sovraffollate. Dicevo però che aveva un senso solo se usato come fase di start up di un progetto carcerario serio e a medio-lungo termine.
Nuove strutture, possibilità di recupero, spazi che permettessero alla persona di conservare la propria dignità.
Niente. Come non detto. A poco più di un anno dall'indulto siamo già tornati al punto di partenza.

I numeri sono spaventosi, indegni.
A fronte di un limite di capienza regolamentare delle carceri italiane di 42.213, e posto che al momento dell'indulto i detenuti erano quasi 61.000, per scendere a sotto i 40.000 dopo quell'iniziativa del parlamento, oggi i reclusi sono già diventati 49.442.
Il peggio ve lo devo ancora dire. Un terzo di queste persone (16.525) sono detenute in attesa di giudizio.
Un altro terzo è condannato in via definitiva (18.589), e il resto è impelagato tra ricorsi e appelli.
Più di sedicimila persone, la popolazione di un paese medio-grande, è rinchiuso in condizioni quasi sempre indecorose, sotto i livelli igienici-sanitari minimi, in situazioni di convivenza drammatiche, e non ha ancora subito un processo!

E il centrosinistra, che dovrebbe avere a cuore per storia,cultura e sensibilità, questa gente, che fa?
Nel 2000 aveva varato il nuovo ordinamento del regolamento penitenziario; prevedeva la ristrutturazione di buona parte dei 214 istituti di pena. Erano previsti interventi di riqualificazione degli standard igienici-sanitari e dei diritti dei detenuti: acqua calda nelle celle, toilette separate, celle per non fumatori, parlatori senza vetri divisori, cucine per un massimo di 200 coperti e altre innovazioni di civiltà. Investimento previsto 400 milioni di euro, per un tempo previsto per la realizzazione dell'opera di cinque anni.

D'accordo, dal duemila a oggi, in mezzo c'è stata un'intera legislatura di forcaioli, ma qualcuno di noi è pronto a puntare un centesimo sulla realizzazione di questo progetto di ristrutturazione entro la fine del governo Prodi?
E' in grado la sinistra (Walter, se ci sei batti un colpo) di compiere una scelta indispensabile per quello che è la nostra storia e al tempo stesso impopolare, che neanche le nozze tra gay?

Anche questo è Afghanistan


Questa foto è stata scelta dall'Unicef come immagine dell'anno, simbolo di un dramma, quello delle spose bambine in Afghanistan, che continua.

Lui 40 anni, lei 11. In questo scatto il fotografo ha catturato lo sguardo atterrito della bambina.

lunedì 17 dicembre 2007

Gente così

Non può non stare sui marroni anche a voi la gente che chiama al telefono per comunicarti qualcosa o solo per passare il tempo, e lo fa proprio mentre sta mangiando!
Parla ciancicando un panino, un cornetto o quel cazzo che non gli va mai di traverso, e lo fa con un'indifferenza e una naturalezza che mi manda ai pazzi, come se fosse la cosa più normale ed educata al mondo.

A day in the life, part 2

La strada per Linate è divisa principalmente in due parti, a loro volta divise in sottosezioni. Le due macrotratte sono Treviglio-Melzo (rotonda motel El Paso) / Melzo (rotonda motel El Paso)-Linate.

Le sottosezioni sono caratterizzate da punti in cui c'è la probabilità di trovare coda. La prima è a ridosso del ponte di Cassano d'Adda, dove, svoltando a destra si entra in città e si prosegue per Milano Lambrate (o per la metropolitana di Cassina De Pecchi) e girando invece a sinistra, come tocca a me, si va per la Rivoltana e Milano Linate-Tangenziali. In questo punto a volte ci sono due-tre chilometri di coda che mi obbligano ad un'aggiramento di una decina di minuti tra le campagne circostanti che mi permettono di poi di sbucare oltre l'intasamento del suddetto ponte.

Successivamente si viaggia normalmente fino alla rotonda di Rivolta D'Adda. Qui la coda c'è sempre, resta da vedere se è scorrevole o blindata. Altra coda dopo l'avvallamento che conduce alla rotonda di Trucazzano e poi via in coda fino al check point di Melzo.

Dall'88, anno in cui ho iniziato a lavorare in aeroporto, al 2003, anno in cui ho assunto la carica sindacale, facevo i turni. Per cui lo stare bloccato nel traffico mi era ignoto. Ci mettevo la mia mezzora pulita e andavo che era un piacere. Quando casualmente mi trovavo a percorrere la rivoltana in orario da magutti (07:00/09:00), incastrato nel serpentone metallico di auto e furgoni, dicevo a me stesso : "pensa a quelli che lo fanno tutti i giorni, come si può vivere così?!?"

Passato dall'altra parte della barricata, ho tentato di ottimizzare il tempo da recluso. Visto che fino a poco tempo fa non ascoltavo mai la radio, ho preso a portarmi i testi dei dischi più interessanti del momento, e in coda me li cantavo con enfasi. Con gli album adeguati funzionava alla grande.
Torniamo a bomba. Check-point di Melzo. Quello è uno snodo cruciale del tragitto. Se c'è coda in direzione Milano, il viaggio butta davvero male. Tocca prendere per Liscate, Settala, e riprendere la Rivoltana all'altezza Villa Invernizzi. Da notare come, nel corso degli ultimi anni, tutti i paesi che corrono lungo la Rivoltana hanno progressivamente introdotto il divieto al transito per i non residenti dalle 07:00 alle 09:00, impedendo di fatto ai pendolari di tagliare la coda e intasando così ancora di più l'arteria primaria. Io me ne fotto, e se c'è da sconfinare, lo faccio. Sono consapevole del rischio contravvenzione, ho già pronto un campionario di scuse, che so già essere perfettamente inutile.

Un tragitto molto breve come quello dalla rotatoria di Melzo alla rotatoria di Liscate, che normalmente si effettua in un paio di minuti ne richiede 20-25, sia se faccio la coda, che se faccio il giro largo con uscita a Settala.
Arrivato alla villa Invernizzi, c'è un solo ultimo ostacolo, la strada a due corsie che conduce al cavalcavia di Segrate. Anche lì, varia a seconda delle mattine, se c'è traffico, non ci sono vie altrenative e sono bloccato per una quindicina di minuti (tempo normale di percorrenza due minuti), sennò la si percorre in un istante.

Passato il cavalcavia, invece di fare la strada che porta dritto in aeroporto (quella che passa tra l'Idroscalo e il Luna Park), devio per Peschiera, entrata merci dell'aeroporto che è sempre libera e mi consente di arrivare in pochissimo a Linate.

Parcheggio al piano scoperto del multipiano e guardo l'ora. Normalmente è passata un'ora dalla partenza da casa. Sono già incazzato e sconvolto prima ancora di iniziare.

giovedì 13 dicembre 2007

Omologation

E arriva un momento triste nella vita, in cui, senza rendertene conto, e senza averlo mai fatto prima, mentre stai parlando ad una ragazza, ti scivola lo sguardo sulle lunghe dita curate per vedere se ha una fede o un anello impegnativo.

martedì 11 dicembre 2007

Mocio & roll

Ho già avuto modo di dirvi che nel mio condominio ci facciamo le pulizie da soli vero?
Capita all'incirca una volta ogni due mesi, mentre una volta ogni anno e mezzo c'è il turno di pulizie esterne. Ho espletato egregiamente la mia parte sabato scorso. Il mio segreto per fare un'attività così pallosa? Il mio lettore mp3 e la mia cazzo di playlist!
Sono uno spettacolo quando pulisco a ritmo, credetemi.
Sabato mentre lucidavo i vetri del portone d'ingresso avevo su i primi quattro pezzi di Ride the Lighting dei Metallica.
Al momento di pulire l'ascensore è toccato a Xavier Rudd, con qualcosa da White moth.
Poi sono passato a ramazzare i pianerottoli con i The National (Boxer) e infine per il lavaggio degli stessi con il mocio, la benzina è stata la raccolta They can't all be zingers dei Primus.
Alla fine quasi (ribadisco quasi) ti dispiace di aver finito.

domenica 9 dicembre 2007

One


Un anno fa inauguravo il blog, fra mille dubbi e incertezze.

Volevo crearmi un archivio di post da pubblicare nei momenti di scarsa vena creativa, in realtà non sono mai riuscito a farlo, al massimo ho appuntato qualche spunto da sviluppare, anche se un buon 60% dei post li ho scritti di getto la mattina tra le 6:30 e le 7:30, prima di andare a lavorare, tanto per tenere fede al mio stile alla Ed Wood.


L'ho aperto sull'entusiasmo per il concerto a Londra dei Pogues, festeggio il primo anno sulla delusione per l'annullamento dell'ultima ora del viaggio romantico a Vienna (causa ricovero suocero che doveva tenerci Stefano per due giorni), delusione anche economica, visto che i 120 euro spesi per i biglietti low cost ovviamente non sono nè recuperabili nè endorsabili.


Fonte inesaribile di ispirazione sono stati i blog degli amici linkati a fianco, con il rammarico della chiusura di quello di Maurino.

2008: ready or not here i come...

Il presepe secondo Stefano




Personalmente non considero il presepe una tradizione cattolica, ma una tradizione di famiglia. E' una di quelle cose che secondo me fanno famiglia, o almeno mi illudo sia così.
Persino mio padre, comunistaccio mangiapreti, ci teneva, all'allestimento il giorno dell'Immacolata.

Le foto illustrano il presepe interpretato da Stefano l'anno passato.
L'ho trovato meraviglioso.

sabato 8 dicembre 2007

Stuck in the mud

Mi piace Fango, il nuovo singolo di Jovanotti.
Testo ispirato, a tratti emozionante, stile che ricorda il DeGregori di Miramare.
Listen withou prejudice.


Fango

Io lo so che non sono solo anche quando sono solo io lo so che non sono solo
io lo so che non sono solo anche quando sono solo

sotto un cielo di stelle e di satelliti tra i colpevoli le vittime e i superstiti
un cane abbaia alla luna un uomo guarda la sua mano sembra quella di suo padre
quando da bambino lo prendeva come niente e lo sollevava su
era bello il panorama visto dall'alto si gettava sulle cose prima del pensiero
la sua mano era piccina ma afferrava il mondo intero
ora la città è un film straniero senza sottotitoli
le scale da salire sono scivoli, scivoli, scivoli il ghiaccio sulle cose
la tele dice che le strade son pericolose
ma l'unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente
il profumo dei fiori l'odore della città il suono dei motorini il sapore della pizza
le lacrime di una mamma le idee di uno studente gli incroci possibili in una piazza
di stare con le antenne alzate verso il cielo

io lo so che non sono solo io lo so che non sono solo anche quando sono solo
io lo so che non sono solo e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango
io lo so che non sono solo anche quando sono solo io lo so che non sono solo

e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango
la città un film straniero senza sottotitoli una pentola che cuoce pezzi di dialoghi
come stai quanto costa che ore sono che succede che si dice
chi ci crede e allora ci si vede
ci si sente soli dalla parte del bersaglio e diventi un appestato quando fai uno sbaglio
un cartello di sei metri dice tutto è intorno a te
ma ti guardi intorno e invece non c'è niente
un mondo vecchio che sta insieme solo grazie a quelli che hanno ancora il coraggio di innamorarsi e una musica che pompa sangue nelle vene
e che fa venire voglia di svegliarsi e di alzarsi
smettere di lamentarsi che l'unico pericolo che senti veramente è quello di non riuscire più a sentire niente di non riuscire più a sentire niente il battito di un cuore dentro al petto la passione che fa crescere un progetto l'appetito la sete l'evoluzione in atto l'energia che si scatena in un contatto

io lo so che non sono solo anche quando sono solo io lo so che non sono solo e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango io lo so che non sono solo anche quando sono solo io lo so che nn sono solo e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango e mi fondo con il cielo e con il fango e mi fondo con il cielo e con il fango

Bugiardo


Il nuovo disco di Fabri Fibra, Bugiardo, è il tipico lavoro che fa perdere i vecchi fans e ne fa arrivare dei nuovi. Bisogna poi vedere chi ha fatto l'affare. Meno volgarità, più accessibilità, Fegiz direbbe (e forse l'ha detto) che è il disco della maturità.


A me piace meno del precedente Tradimento, ma si lascia ascoltare.

Segnalo tra le diciassette tracce Bugiardo, Andiamo a Sanremo, Un'altra chance, Questo è il nuovo singolo, Sempre io e la commovente Potevi essere tu, dedicata al povero Tommaso Onofri, trucidato a due anni, che mi ha fatto piangere come un vitello.

venerdì 7 dicembre 2007

Union men

Sono stato qualche giorno a Boario Terme per quello che chiamano "convegno d'organizzazione". Un seminario cioè dove si analizzano dati, percentuali e grafici sull'organizzazione sindacale. Importante per capire come campa il nostro sindacato e cosa deve fare (ringiovanire sopratutto!) per proiettarsi nel futuro.

L'albergo, un centro benessere, era molto bello. Per i nostri standard qualitativi ovviamente. A Boario invece non c'è davvero niente da fare, se non vai alle terme. E tra l'altro stavolta i dibattiti erano talmente serrati che occupavano per intero la giornata.

In queste occasioni si potrebbe stilare un campionario della fauna sindacale, un dizionario illustrato sulle persone che fanno questa attività a tempo pieno. A parte qualche eccezione in giacca e cravatta, la maggioranza veste pantaloni di velluto o jeans, camicia con sopra un maglione. I colori in genere sono diverse tonalità di marrone, o rosso, raramente colori squillanti.

Ci sono sindacalisti che non si lasciano scappare nemmeno una possibilità di intervenire nel dibattito, dicono la loro seriosamente su ogni argomento, quelli che presenziano e non parlano mai, quelli che sonnecchiano, quelli che lasciano il giubbotto sulla spalliera della sedia e girovagano per l'albergo o per la città, quelli che leggono il giornale durante il dibattito.

L'età media si aggira tra i 45 e i 55 anni, in molti non lavorano nelle loro aziende da minimo dieci anni.
Spesso è gente che lavora devvero duramente, passa la maggior parte della giornata fuori casa, in giro per imprese, parla con gli imprenditori, con i lavoratori, con gli altri sindacati, scrive comunicati, programmi,elabora strategie di attacco o di difesa, non ci dorme la notte su problemi senza soluzione.
Altri ci marciano. Alcuni sono dei farabutti. Qualuno è imboscato.

Cerco di evitare come il colera queste occasioni di seminari o direttivi a tema, che ti impongono trasferta e notte fuori, ma a volte non mi è lasciata la facoltà di scelta e tocca presenziare.
In queste occasioni mi rendo conto come poco mi sono amalgamato con il resto del gruppo, continuo a sentirmi diverso. E lo dico senza presunzione ne rammarico. E' una semplice constatazione. Ancora non sono assuefatto al ruolo, a volte non capisco in pieno dove vanno a parare con gli interventi, altre volte mi sembrano troppo seriosi e ingessati nel linguaggio.
Proprio su questo tema, ricordo in un'occasione, presentando la nostra lista di RSU per le elezioni, durante un assemblea rilassata e serena, ho chiosato dicendo che, dato il mix tra anziani e giovani candidati, era come avere allo stesso tempo le radici e le ali (do you remember i Gang?), ed è bastata questa banale citazione a scatenare i commenti negativi dell'apparato.

Intendiamoci, ammiro fino all'adorazione diversi sindacalisti che gravitano della mia categoria, qualcuno di loro ha veramente passione,generosità e capacità straordinarie, ma se il sindacato è fatto in percentuali bulgare da over 40, una ragione (oltre all'entrata near 30 al mondo nel mondo del lavoro) ci sarà.

Tornando a Boario, è strano, dopo la cena di gruppo e la passeggiata fracassona con tappa al bar per la grappa, tornare in albergo, chiudere la porta e trovarsi da soli.
Sentivo l'esigenza di sfruttare quel tempo libero che a casa mi è ovviamente negato, per scrivere il più possibile per il blog, mi ero portato presuntuosamente il computer e pensavo di darci dentro fino a notte inoltrata.

Invece mi sono sdraiato sul letto, vestito e con le scarpe ai piedi, e ho cominciato sì a battere sui tasti, ma quelli del telecomando, stabilendo con ogni probabilità il record italiano di zapping, finchè non mi sono addormentato.


martedì 4 dicembre 2007

Karma sindacale

Siamo da tempo in rotta di collisione con un'Azienda che opera negli aeroporti milanesi, di dimensioni medio-grande, che ne combina di tutti i colori quando si tratta di violare norme, leggi, contratti. Ultimamente sono anche allergici al confronto sindacale, e perciò ci stiamo togliendo delle belle soddisfazioni a contargli anche i peli del culo.

Abbiamo già due cause aperte con loro, una per mancanze retributive ai danni dei dipendenti e una per attività antisindacale. Da un controllo su alcune buste paghe abbiamo scoperto un'altro errore di calcolo che produce un mancato riconoscimento economico ai lavoratori.
E qui viene il bello. Noi contestiamo la cosa al dirigente preposto. Lui verifica, incassa, e ci comunica formalmente, anche se a denti stretti, che darà al personale la differenza dovuta. Tutti contenti, noi per il punto messo a segno, la gente per l'extra che riceverà a dicembre.

Qualche giorno dopo si presenta nei nostri uffici l'impiegato amministrativo addetto alle buste paghe di questa azienda. Vuole che lo difendiamo perchè è stato contestato in modo pesante per l'errore di conteggio che avevamo rilevato noi, ed è certo che sarà licenziato.
Ci attiviamo per la risposta, sentiamo il legale.

Se non fossero questioni di estrema serietà mi verrebbe da ridere per questa affermazione del principio che tutto quello che fai prima o poi ti si ritorce contro...