sabato 31 gennaio 2009

I love shopping ?

Non provate anche voi uno stimolo inarrestabile a riempire il carrello , quando siete a fare la spesa in un supermercato e avvistate il mitologico cestone con i ciddì in offerta?
Ormai succede sempre più raramente, visto che in questi posti il reparto musica è più contenuto di quello della carne di struzzo, però a volte capita ancora.
Ed è un dramma, perchè quando, come l'ultima volta, trovo "tutto a 1 euro", compro anche dischi che non mi interessano, che ho già (piuttosto che lasciarli, li regalo!), o che normalmente non avrei preso.
Alla Coop ho preso (a 1 euro): l'unico disco dei Power Station (i due Taylor dei Duran Duran + Robert Palmer), il best di Katrina and the waves (18 canzoni! C'è vita oltre Walking on sunshine...), Camere con vista di Renga e La vita insieme di Pezzali (regalati entrambi ai nipoti vari). Restavano solo dischi di latinoamericano e quelli farlocchi di tributo.
Ma c'è un limite anche per me...

Another tale from the street

Sempre ieri, in serata, giuro che avevo davanti una volvo (modello indefinito) con un fottuto televisore posto tra le alette parasole sopra il parabrezza.
Ma mica una cosa tipo navigatore satellitare, no! A occhio sarà stato un 12"-14". Lo dico perchè potevo vedere nitidamente quello che mandava. Il film a cartoni Madagascar.

venerdì 30 gennaio 2009

A tale from the street

Oggi solita interminabile coda sulla Rivoltana. Come sapete sono stato alleggerito dell’autoradio, pertanto, posto che senza musica non posso stare, sto ovviando con lettore mp3 e cuffiette.
Sapete anche che adoro cantare, e quindi in macchina ho i testi di alcuni album.
Lungo un tratto della strada in cui la coda si sdoppia e si triplica, e gli automobilisti cercano disperatamente di avvantaggiarsi rispetto alle altre vetture, io cantavo bello tranquillo, con i testi di Damn right rebel proud poggiati sul volante. Contemporaneamente scrivevo messaggi sul cellulare.

Ad un tratto mi sento osservato. Volgo lo sguardo alla mia sinistra. Un’alfa dei Carabinieri mi ha affiancato (siamo quasi fermi in colonna, è bene ricordarlo). Dentro, un solo agente, giovane, faccia simpatica. Mi ha sgamato in pieno. Mi guarda e con una faccia tipo “vabbeh, ma c’è un limite a tutto!” e muove il braccio con un movimento circolare ad intendere: “ te la spassi eh?”.

Per fortuna non mi ha fermato, risparmiandomi il quasi sicuro taglio di una sessantina di punti dalla patente. Lo ringrazio qui pubblicamente. Magari è un die hard fan del rock and roll anche lui.

He'd rather be the devil

Ci ha lasciati John Martyn, grande e poco compreso folksinger scozzese. Il suo capolavoro del 1973, Solid Air (tra l'altro dedicato al suo amico Nick Drake) è inserito in tutte le classifiche degli album più importanti di quel decennio. Martyn non è stato però artista da one hit wonder, ha una discografia sconfinata, che nasconde altre perle (mi vengono in mente Inside's out, Sunday child e One world, ad esempio).

Come prassi consolidata per l'ambiente, non sono chiare le cause del decesso.
John aveva sessanta anni.

mercoledì 28 gennaio 2009

Nuovi potenti


Alla lista dei giornalisti in quota Berlusca, i soliti Fede, Belpietro, Ferrara, Liguori, Paragone, Mimun, Feltri (dimentico qualcuno?), c'è da aggiungere Alfonso Signorini.

E' uno che non si occupa normalmente di politica, ma di spettacolo.

E' uno di quelli che vuole essere simpatico facendo l'antipatico.

E' il tipico perbenista mascherato da alternativo.
Viene trattato da tutti come se fosse un opinion leader, anche se esprime sempre concetti banali.

Non sono solo usare termini offensivi verso i gay, ma è il prototipo della checca isterica.

E' forte con i deboli e debole con i forti.

Incarna in pieno lo stile del Capo. Per dire, ho visto a blob che ha cazziato una concorrente del GF, hostess Alitalia, perchè, in un momento di vuoto di direzione durante la transizione tra Alitalia e Cai, non potendo chiedere a nessun referente ferie o aspettativa per partecipare al reality, ha pensato di chiedere la cassa integrazione (poi non l'ha fatto) .
Iniziativa scorretta, ovvio. Che però è una pagliuzza in confronto allo trave nell'occhio della gestione dell'ex-compagnia di bandiera, fatta da B. e dai capitani coraggiosi.
Lui invece l'ha smerdata davanti a qualche milione di telespettatori tra applausi di tripudio del pubblico, ma come, san Silvio fa il miracolo e tu rubi i soldi allo stato?
Frega un cazzo della hostess e del reality, ma mi ha fatto infuriare.

Perdonatemi lo sfogo, so che ci sono questioni più serie. Ieri ad esempio è morto Billy Powell, tastierista dei Lynyrd Skynyrd e uno dei due unici sopravvissuti all'incidente aereo che nel 1977 aveva ucciso tutta la formazione originale della band.
Il loro attesissimo concerto di Milano (3 giugno) è in forte dubbio.

lunedì 26 gennaio 2009

Sullo scrivere


Più che una recensione, un suggerimento per l'acquisto. On Writing di Stephen King è consigliabile per chiunque, a diverso titolo, ami la scrittura. Premetto che non sono esattamente un fan dello scrittore americano, ma mi è sempre piaciuto il suo approccio alla scrittura, la sua passione e il suo entusiasmo per la letteratura.

On writing non è un tomo pretenzioso pieno di dogmi su cosa devi assolutamente fare per arrivare al prodotto finito, ma piuttosto un testo scorrevole, informale e divertente su come King organizza il suo lavoro. Contiene qualche metafora davvero efficace (su tutte quella della cassetti degli attrezzi) e, aspetto per me determinante, ti fa venire una gran voglia di prendere in mano carta e penna (o tastiera e mouse).

L'autora confessa di essere prima di tutto un vorace lettore. Afferma di leggere in ogni occasione, arrivando ad utilizzare anche gli audiolibri quando è in auto per tragitti medio lunghi. Una delle regole più importanti sostenute da King è infatti che se se non leggi molto, non scrivi.

La prima parte del libro è un'agile autobiografia, la seconda si occupa dei vari aspetti dello scrivere, dal contesto ambientale in cui farlo, al numero di stesure, ai personaggi, ai dialoghi, etc etc.

Questa semi autobiografia ha avuto tra l’altro una gestazione tormentata, in quanto la sua stesura è stata drammaticamente interrotta dall’incidente quasi mortale di cui è stato vittima lo scrittore ( è stato investito da un minivan) nel 1999. In un momento in cui Stephen pensava di non riuscire più a creare, è stato proprio con On Writing che ha ripreso a farlo. Nelle pagine finali, lo scrittore americano racconta questa dolorosa esperienza personale.

Per concludere, due righe che esprimono bene la visione romantica e interiore che King ha della scrittura: Scrivere non centra niente col fare soldi, diventare famoso, creare occasioni galanti, agganciare una scopata o stringere amicizie. Alla fine è soprattutto un’occasione per arricchire la vita di coloro che leggeranno i tuoi lavori e arricchire al contempo la propria. Scrivere è tirarsi su, mettersi a posto e stare bene. Darsi felicità, va bene? Darsi felicità.(...)

Condivido.

Se vi interessa un'opinione più professionale, qui trovate quella dell'amica Lisa, all'interno di un blogghettino che a tempo perso condividiamo.

Domenica al cinema

Solo per dovere di cronaca e per aggiornare il tabellino dei film di Stefano. Ieri siamo andati a vedere...ahem...Beverly Hills Chihuahua.
Ecco fatto.

venerdì 23 gennaio 2009

Thiefs in the night


Mercoledì esco di casa alle 8:00 con Stefano e mia nipote per accompagnarli a scuola. Ho già in mente di caricarli per bene facendogli ascoltare nell'auto, ad un volume devastante, I like to move it di Will.i.am, e magari ballare un pò in modo compulsivo, come in una vera macchina di tamarri. Perchè loro lo sanno che fare il tragitto con me è sempre divertente.

Ci avviciniamo alla Clio e subito mi accorgo che qualcosa non va. Dentro l'auto c'è un disordine pazzesco. Che già normalmente non è che sia proprio ordinata. Il portaoggetti è aperto e il contenuto è riversato sui sedili. La borsa che conteneva gli indumenti da calcio, che avevo messo nel baule, è sui sedili dietro, con tutta la roba sparsa per la macchina. Un sospetto comincia ad affacciarsi. E poi individuo il finestrino rotto. Il pensiero corre all'autoradio, che infatti non c'è più.
Ma come, nel 2009 rubano ancora le autoradio?!? E per comprarsi cosa, le figurine dei Gormiti?

Porto i bambini a scuola (a piedi), per tutto la strada penso che dannazione, di sicuro mi hanno portato via anche i cd. Ne ho in macchina circa una trentina. Faccio mentalmente la lista di quelli originali : Jimi Hendrix: Are you experienced? e Axis Bold as love; Guns n' Roses: Use your illusion 1 e 2; Amy Winehouse: Back to black; Frank Zappa: You can't do that on stage anymore; Mavericks: Live at Austin; Billy Joel: Toys in the attics; Estere: Strega; Marvin Gaye: Let's get it on; Sex Pistols: Kiss this; Ramones : We're outta here; Michael Bolton: Greatest hits; Lynyrd Skynyrd: One more from the road; Slayer: Reign in blood; Best of Police; AC/DC : Higway to hell

Consegnati i pargoli ai rispettivi maestri, torno al parcheggio e comincio a spuntare quello che manca. Sospiro di sollievo:i ciddì ci sono tutti (meno uno: Use your illusion I, che era all'interno dell'autoradio. Beh, mi è rimasta la custodia gialla e nera) . Il contenuto della borsa da calcio pure. Libretto, assicurazione, auricolare telefono, occhiali da vista e da sole, non manca niente.

Cioè, questi qui hanno sono penetrati nottetempo in una macchina che casca a pezzi, per rubare un autoradio dall'incommensurabile valore affettivo, ma che se la vendono, grasso che cola se ci guadagnano venti euro.

In compenso io c'ho la rottura di coglioni di far riparare il cristallo (per fortuna sono assicurato), andare in polizia per la denuncia (mi hanno assicurato che sono sulle tracce di questa banda che recentemente sta compiendo furti un pò dappertutto. Nel dubbio che non mi stesse prendendoper il culo, sono rimasto serio) , contattare l'assicurazione, ricomprare prima o poi una radio, perdere mezza mattina di lavoro.

Senza contare poi lo smacco di essere stato derubato da malviventi che non apprezzano i capolavori di Jimi Hendrix, Frank Zappa e i Lynyrd.
Con gli eroinomani degli anni settanta non sarebbe mai accaduto, per la miseria.

mercoledì 21 gennaio 2009

Il fattore ics

Prologo 1: mensa aziendale di Linate. Una decina di poliziotti a pranzo. Fitto vociare, risate . Ad un certo punto, in un momento di stanca della conversazione, uno chiede: -ma voi lo guardate X-Factor? - Risposte: - macche, sei scemo?- e - ma che cazzo guardi alla tele?!?- e ancora - adesso capiamo tante cose!- Lo sfottono. Lui si difende. - Ma lo sapete perchè lo guardo? C'è Morgan che è sempre strafatto di coca e ubriaco, mi fa morire dal ridere!- E gli altri, seri: - Ah beh allora, un'occhiata gliela si può anche dare...-

Prologo 2: un Ansa della scorsa settimana. Francesco Guccini (FRANCESCO GUCCINI!) afferma che: "X-Factor è l'unico programma che in Italia aiuta i giovani talento, ad emergere".

I fatti: ieri sera ho guardato (in replica, sul satellite) per la prima volta nella mia vita X-Factor, che mi hanno spiegato essere non un reality, ma un talent-show.

Ho scoperto che tra i partecipanti c'è un gruppo dell'alta Valsugana che si chiama The bastard son of Dioniso. Sono un power trio (basso, chitarra, batteria. Non che lo debba spiegare a voi, eh) che esisteva già prima del programma e suonava roba tipo grunge-indie-rock peso. A voler guardare un genere apprezzabile, da queste latitudini.

Nella trasmissione però li fanno esibire senza strumenti. Cioè si presentano sul palco e cantano a turno e/o in coro.

Ho scoperto anche che agli artisti viene assegnato un brano noto da coverizzare, ( italiano o straniero) e insieme al loro tutor (o così almeno credo), gli artisti lo preparano e lo eseguono adattandolo alle proprie corde.

Ai Bastard son viene assegnato I just can't get enough dei Depeche Mode. Prime reazioni: che roba è' ? Mai sentita.

Poi, dopo averla ascoltata: - Non è male dài (immaginatevelo con accento del trentino), possiamo devastarla.-

Hanno detto proprio così: possiamo devastarla.

My favorite things, gennaio 2009

ALBUM

Jimi Hendrix - Are you experencied?
Guns n' Roses - Use your illusion 1 & 2
Guns n' Roses - Chinese democracy
Bruce Springsteen - Working on a dream
Christina Aguillera - Keeps gettin' better
Hank III - Damn right rebel proud
The Pogues - Just look them in the eye and say Pogue mahone! (cd 1)
Kevin Costner and Modern West - Untold truths
Steve Earle, Guy Clark & Townes Van Zandt - Together at the blubird cafè
The Bangles - Greatest hits

Ting Tings - We started nothing
Heart - These dreams

LOOSE TRACKS

revival, soulsavers
the cross of my calling, the (international) noise conspiracy
breathing in a new mentality, underoath
i still care for you, ray lamontagne
i like to move it, will.i.am
heartbreaker, airbourne
idiots, backyards babies
billy fay, screams in the ear
what a wonderful world, shane macgowan & nick cave
combustion, meshuggah
veronika, tricky
a brand new song, john mellencamp
revelry, kings of leon
gioia e rivoluzione, afterhours

LETTURE

Stephen King, On writing
Raymond Carver, Il mestiere di scrivere

VISIONI

Dexter, season 2




martedì 20 gennaio 2009

Non è un paese per vecchi, dei Coen


Non è un pese per vecchi è con ogni probabilità il film meno personale che i Coen abbiano mai fatto. In parte è merito/colpa del romanzo di McCarthy (recensito giusto qualche post sotto), moolto cinematografico, e scritto come fosse già una sceneggiatura, tant'è che la trasposizione è una delle più fedeli (dialoghi inclusi) che mi sia capitato di vedere.

Da parte loro i registi hanno fatto un gran lavoro sulle location e sulla fotografia, oltre ad un accurata scelta del cast.

Avevo molta curiosità di vedere l'interpretazione da parte di Bardem dello psicopatico Chicurgh e non posso dire di esserne rimasto deluso, lui è molto credibile, e quell' improbabile taglio di capelli, in qualche modo, lo rende ancora più spaventoso. Tutto sommato però ritengo quel tipo di ruolo abbastanza facile, se mi concedete il termine . E' un character così particolare, che qualunque attore vorrebbe interpretarlo.

Altre opinioni sul cast: Tommy Lee Jones è bravo, ma spero di non offendere nessuno se affermo che fa sempre lo stesso ruolo ormai. L'uomo di legge, compassato, riflessivo e saggio. Una garanzia, ma un pò scontato.

Mi è piaciuto Josh Brolin modello Charles Bronson, veramente credibile come outsider che cerca la svolta della sua vita. Infine, benchè in un ruolo marginale, ho apprezzato Woody Harrelson.

Nella mia recensione del romanzo, facevo notare come, a dispetto di un meccanismo narrativo perfetto, Cormac McCarthy, proprio prima che venga ucciso Moss, gli fa conoscere una giovane autostoppista, che lo accompagna per un tratto di strada e ha la tragica sfortuna di condividere la sua fine. Scrivevo che non capivo il senso del personaggio nell'economia della storia.
Devono averlo pensato anche i Coen, visto che nel film non ne resta traccia.

In una trasposizione così fedele del romanzo, è invece inspiegabile l'assenza di due momenti cruciali dell'opera di McCarthy.

Chicurgh, dopo aver recuperato i soldi, li riporta tutti al legittimo proprietario, un boss del crimine. Sembra un passaggio insignificante, ma rende bene l'etica inflessibile che governa questo incredibile personaggio. Nel film dei Coen invece, sembra che se li tenga lui, dando l'idea che abbia fatto tutto quel macello per lo sporco denaro.

Lo sceriffo Bell, decorato come eroe di guerra nella seconda guerra mondiale confessa allo zio, nella scena finale che si svolge nella baracca, che in realtà nell'occasione in cui è stato decorato si è comportato da vigliacco, fuggendo dal nemico. Questo passaggio non è magari determinante, ma aiuta a capire il personaggio e i suoi demoni interiori.
In ultima analisi, un buon film, inevitabilmente inferiore al romanzo da cui è tratto.


lunedì 19 gennaio 2009

The Obama effect

Non c'è niente da fare. Puoi usare tutta l'ironia che vuoi, ma quando si tratta di organizzare un evento, questi non li batte nessuno. Ieri si è tenuto, presso il Lincoln Memorial di Washington, il We are one, la festa per l'insediamento di Obama alla Casa Bianca.

Parata di star come, personalmente, non avevo mai visto per occasioni politiche. La lista è davvero infinita. Da attori del calibro di Tom Hanks, Forest Whiteker, Samuel L. Jackson, Ashley Judd, Jamie Foxx, Denzel Washington e diversi altri, a rockstar che rispondevano al nome di Bruce Springsteen, U2, Shakira, Stevie Wonder, Usher, Sheryl Crow, Herbie Hankok, Will I.A.M., Garth Brooks, John Mellencamp.

La cosa più stupefacente di tutta l'imponente organizzazione è stata l'assoluta mancanza di tempi morti. Se penso al concertone del 1° maggio, che ormai è diventato una ricorrenza fissa dalle nostre parti, alle chiacchere inutili dei presentatori, alle interminabili pause tra una band e l'altra, mi rendo conto che al We Are One si era su di un altro pianeta.

Nessun presentatore, interventi sempre brevi da parte di tutti gli oratori (Obama compreso) e grande feeling.

A sorpresa, devo dire che il set che ho apprezzato di più è stato quello del countryman Garth Brooks (o meglio, dell'alieno extralarge che l'ha divorato, vestendo la sua pelle, viste le dimensioni) che ha davvero scatenato la folla con il suo medley composto da America Pie, Shout (quella travolgente degli Isley Brothers che fa: "You know you make me want to -SHOUT- Kick my heals up and -SHOUT- Throw my hands up and -SHOUT- Throw my head back and -SHOUT- Come on now -SHOUT- " )e infine il suo classicone We shall be free.

Altre chicche Higher Ground interpretata da Stevie Wonder, Usher e Shakira; One love da Herbie Hanckok, Will I.A.M. e Sheryll Crow e una splendida Pink Houses suonata dal coguaro John Mellencamp.

Delusione cocente gli U2, che pur avendo a disposizione un arma di commozione di massa come Pride, mi sono sembrati un pò fiacchi.



Di Bruce non ho visto The rising, che ha aperto lo show, ma solo la conclusiva ed emozionante This land is your land (di W. Guthrie), cantata insieme ad un incredibile novantenne che risponde al nome di Pete Seeger, passato nell'ultimo mezzo secolo, dalla condanna a dieci anni di carcere per comunismo, alla celebrazione ufficiale del quarantaquattresimo presidente americano.

Il feeling dicevo. E' incredibile quello che questo nuovo presidente trasmette alle persone. Era da tempo che non si registrava un tale entusiasmo per un esponente politico. Se penso ai musi lunghi visti dopo le due elezioni di Bush, ieri si è proiettato tutto un altro film. La gente festeggiava un cambiamento. Cantava, ballava e sopratutto sorrideva felice. Forse si rendeva conto della portata storica dell'evento.

sabato 17 gennaio 2009

Steve on Townes


Di norma non pubblico post di aggiornamento sui lavori dei miei artisti preferiti . Per quello uso il mio forum su hank, steve e i pogues, anche se è ci scrivo solo io, basta a soddisfare la mia voglia di parlare di questa gente .

Faccio un eccezione perchè Steve Earle, fresco 54enne, sta registrando (finalmente, dico io) un tributo all'amico, cattivo maestro di vita e straordinario esempio musicale, Townnes Van Zandt. Mi sembra un riconoscimento importante per un artista tanto seminale nel folk contemporaneo, quanto sfortunato e incompreso. A seguire l'intervista concessa da Earle a Rolling Stone USA, nella quale anticipa il progetto.

Steve Earle wasn't out of his teens when he introduced himself to Townes Van Zandt. Although Van Zandt was 11 years older than Earle, he agreed to mentor the younger musician, and the two became lifelong friends. These days, on paper at least, they don't appear to have too much in common aside from a history of substance abuse. Earle is an outlaw country roots-rocker who emerged in the 1980s a rabble-rousing iconoclast. He's inched into mainstream consciousness through his music as well as acting gigs, political commentary and his fiction. Van Zandt, the drifter son of a Texas oil baron, was a songwriter's songwriter who actively eschewed the mainstream (he turned down overtures to write with Dylan, who he dismissed as too much of a celebrity). He was as comfortable with a country-folk song as he was with a driving blues stomp, and he died in 1997 at 52, a cult hero broken by addiction.
Earle was so affected by his relationship with Van Zandt that he named a son after him. Now he's putting the finishing touches on a tribute album to Van Zandt, recorded in both Nashville and New York. Rolling Stone called Earle in Nashville to discuss the album, listening to the Kings of Leon, recording with Rage Against the Machine's Tom Morello and his unique relationship with the late, great Townes Van Zandt:


So these are all Townes' songs you're doing?


The idea was to try to record these songs as close to the way that I remember Townes performing them as possible.


How was that?


It's how I learned to play; it's how I learned to perform. I arrive at it slightly differently than he did. I technically execute my guitar style differently than he did, in that he used metal finger picks and I don't, but I finger pick like he did. He was sitting right in front of me when I was really learning to play.


What do you mean he was sitting right in front of you?


This was a real live apprenticeship. I met him when I was 16. Townes was a stunning solo performer. I've only seen a handful of people that were as good as he was. Loudon Wainwright is in that class as a solo performer. It's a really rare thing. The way Townes did it, he could literally just stand there and close his eyes ‹ sometimes not open them for an entire set ‹ and you were mesmerized. By the time more people knew about him, his skills were somewhat diminished as a performer and as a guitar player and as a singer. I barely got there in time to see him when it wasn't.


Do you have a favorite vocal or song or lyric of his? A favorite moment or slice of a song?


My favorite record overall is probably the one they called The Nashville Sessions. The people that released it were not authorized to release it. It was his last studio record before a long break. It was made in the mid-'70s and it's got some really really, really great songs. It's got "The Spider Song" on it, and it's got "Buckskin Stallion" on it. So I like that record overall. I think my favorite songs are probably "Colorado Girl," on an album called Townes Van Zandt, 'cause nobody fucks with that at all. It's a solo vocal performance.


Have you sort of apprenticed any aspiring Steve Earles?


I had the benefit of a real, live, hands-on apprenticeship, so I know the value of that. Even more with Guy [Clark] than Townes. With Guy, I could ask him a question, he could answer it. He could show me how he did something. With Townes it was more like he'd give me a copy of War and Peace, and then I'd find out later, after I'd read it, that he never fuckin' read War and Peace. They were both hugely influential but they approached it differently. There's been a lot of people I've run into over the years that are younger than I was, and because I benefited from that type of learning environment I try to provide it for other people.


You're in Nashville now, but you're also recording some of this album in New York?


To tell you the truth I still haven't found a pool of players [in New York] anywhere close to what I have here. This record, 75 percent of it was recorded in New York, but all the stuff with musicians has been done here, 'cause I overdubbed all the bass and I overdubbed all the drums and then I'm doing these three tracks live with the bluegrass band. So, this record's really kind of a hybrid. I have a novel I need to finish anyway, and I've wanted to do this Townes record for a long time. I'll do it now and I can record it and deliver it, and then I can spend the winter finishing my novel.


You're recording a track with Tom Morello, though, who doesn't exactly suck.


Morello's one of the few real guitar gods that his generation produced. He's one of the few guys who did something else that nobody else had ever done on electric guitar before. In a long time. And of course we're both pinkos so we get along just fine. The track is a song called "Lungs," which is a really great Townes song. Lyle Lovett recorded it several years ago on the record of covers he did. It's one of the scariest songs ever written. Towne's always said that it should be screamed rather than sung.


Were there any records that you've been listening to this year that have caught your ear?


I love the Kings of Leon's record and I'm really glad to see them grow up as a band. And they're local and I've been bumping into them as long as I can remember. My tendency is to pull for them. You're listening to one of the best singers that rock & roll's ever produced I think.
That's high praise.


Have you worked with them or are you going to try to work with them at any point?


No. Oh, I'd kill to work with them. I have to accept the fact that I'm 53 years old and my audience is getting older too and its one of those things. Sometime in my 40s I had a new girlfriend that saw me make the bluegrass record and she thought that's what I did I guess. Then we were put in a rock band together and making transcendental blues and the first gig we played at for not playing together for a year and a half was farm aid and it was a Crazy Horse year for Neil and we were really ridiculously loud and she goes, "Why do you play that loud?" and I go, "Because it makes my dick hard." And I still have that in me. I'm a lot of times too loud for my own audience.


Steve e Townes in una vecchia fotografia.

venerdì 16 gennaio 2009

Il diritto della forza

Vorrei esprimere la mia opinione su due fatti che occupano le prime pagine dei giornali in questi ultimi tempi. Fatti diversissimi tra loro, ma accumunati dalla profonda e netta divisione che hanno generato nella gente, nel mondo politico e nella chiesa.

Parlo dell'operazione Piombo Fuso scatenata da Israele su Gaza, e del caso della povera Eluana Englaro.

Sulla guerra in Palestina, o meglio su come viene commentata, provo disgusto e sconcerto. D'accordo, probabilmente la sinistra deve fare autocritica su come, negli anni di amicizia con Arafat, si sia sempre schierata a favore dei palestinesi. E' un conflitto complesso, e di certo gli israeliani hanno molte ragioni dalla loro, non ultima la quasi impossibilità di stringere accordi con la parte araba di quel tormentato territorio. A Camp David, con Clinton, si era delineata un'intesa più che dignitosa per cercare di chiudere un periodo sanguinario e di vivere in pace, ma ricordo che allora il leader dei palestinesi non siglò il trattato. E poi certo, è difficile sedersi dietro ad un tavolo con un'organizzazione che ha nel suo statuto la tua distruzione, come nel caso di Hamas.

Leggendo le critiche alla trasmissione di Santoro (che in tutta onestà non ho visto), mi sembra però che si stia passando il limite. C'è una verità, al di là del bene e del male. E cioè che un esercito, tra i più forti al mondo sta radendo al suolo un'intero territorio. Non fermandosi di fronte a nulla. Ignorando le regole previste in caso di conflitto. Ignorando gli appelli delle istituzioni mondiali e delle organizzazioni umanitarie. Incenerendo scuole, ospedali, moschee, interi quartieri. Uccidendo fino ad oggi più di mille persone, in grande parte civili. Famiglie. Donne, anziani e bambini.

Sembra ormai che tutti abbiano accettato il fatto che per sconfiggere il terrorismo, non un esercito regolare quindi, ma qualche centinaia di uomini sul territorio, sia lecito bombardare un'intera nazione, trattare la questione come una vera e propria guerra tra due stati. Nessuno si domanda più se è giusto. Anche di questo dobbiamo ringraziare Bush, che avviò questa pratica in Afghanistan, dopo gli attentati dell' 11/9.

A volte ho l'impressione che le superpotenze (ed Israele da un punto di vista militare rientra senza dubbio in questa categoria ) si comportino così semplicemente perchè possono. Hanno il potere per farlo, nessuno si mette tra loro e l'obiettivo e vanno fino in fondo. Il diritto internazionale è solo una bella definizione.

La domanda finale è: porterà la pace questo atto di indicibile violenza? Potranno mai, le vedove e gli orfani di oggi perdonare chi li ha resi tali? O verranno usati dai macellai che li riempiono di tritolo e li mandano a morire?

L'altra vicenda, che purtroppo poteva verificarsi solo in Italia, è la storia di un uomo forte nella sofferenza, e dotato di una grandissima dignità, qual'è Beppino Englaro, papà di Eluana.

Contro la sua decisione di porre fine alle sofferenze della figlia, in coma vegetativo da diciassette anni, si è scagliato un intero mondo politico, ecclesiastico e mediatico. Non voglio tornare sul merito della vicenda ( secondo me è abberrante che si voglia far valere principi cattolici in un paese laico) però la cosa agghiacciante di questa vicenda è che, anche dopo diverse sentenze della magistratura, non potendo più nulla sul piano legale/istituzionale, la nostra classe politica è arrivata alle minacce.

Il socialista (?) Sacconi, come ricordate ha intimato alla clinica di Udine che doveva ospitare Eluana per i suoi ultimi giorni, di recedere da questo proposito, pena, pesantissime ripercussioni per la struttura.

E' di ieri la notizia che le minacce hanno sortito effetto, Eluana non sarà portata a Udine. Si ricomincia daccapo. E' sconvolgente pensare che nel nostro paese chi ha il potere istituzionale possa allegramente infiaschiarse di tre gradi di giudizio emessi da un tribunale dello Stato Italiano, e imporre una volontà di comodo. Chissà per quale ragione poi, un normale cittadino debba invece accettare una sentenza di tribunale a lui sfavorevole.

Come nel caso sopra, lo fanno perchè possono. Ne hanno i mezzi, hanno la forza. Non ci sono altre ragioni. Non è la forza del diritto, ma il suo esatto contrario.



Non è un paese per vecchi, di Cormac McCarthy


Non è un paese per vecchi è in assoluto il primo libro che leggo di Cormac McCarthy. E' arrivato al momento giusto, vista la fase di stanca che stavo attraversando nella lettura.

Quando fai fatica a leggere anche solo una pagina di un tascabile, un'opera così è quello che ci vuole per ricominciare a leggere con entusiasmo.

Considero una fortuna non aver ancora visto il film dei Coen tratto da questo lavoro; per me l'unica sequenza accettabile, nei casi di opera tratte dai romanzi, è libro-film, il contrario non funziona. Non mi piace leggere e avere già davanti le facce dei personaggi, lo sviluppo della trama e la conclusione.

Due parole sulla storia. Nel 1980, nel Texas meridionale, al confine con il Messico, il giovane Llewelyn Moss, mentre sta cacciando antilopi nella prateria, si imbatte in un convoglio di jeep colme di cadaveri, droga e soldi.
Decide di prendere i soldi, ma diventa subito la preda di una spietata partita di caccia: inseguito dai trafficanti, da uno sceriffo vecchia maniera (Bell), e da un assassino psicopatico di nome Chigurh.

McCarthy ha uno stile di scrittura molto personale. Colloquiale, lo definirei. Inquadra i dialoghi dei personaggi tutt'uno con la narrazione, senza separarli con virgolette o linee, come comunemente si usa fare. Una volta che ci si abitua (e ci vuole davvero poco) la lettura diventa estremamente scorrevole.

Un'altra caratteristica di Cormac consiste nel suo modo di mettere in sequenza alcuni eventi topici della storia in modo quasi...secondario. Li fa avvenire fuori campo, per usare un termine cinematografico, e poi ci torna sopra, come se il lettore li conoscesse già, e li stesse approfondendo sul giornale del giorno dopo.

I personaggi sono molto interessanti. Magari Chigurgh è un pò troppo Golem del male, però la sua etica della malvagità, il suo rigore nell'infliggere sofferenza, fanno di lui un character davvero unico. L'unico personaggio che forse non mi ha convinto del tutto è quello della ragazzina autostoppista, un ruolo che mi è parso inutile.

Spero di non rovinare il piacere dell'eventuale lettura a nessuno (in caso contrario fermatevi qui!) se dico che un libro di questo tipo, costruito su desolazione, violenza, assenza di valori, armi e sopraffazione (cioè i valori attuali dell'America) non può in alcun modo avere un lieto fine.

Per un'attimo ho pensato che Moss (lo sfigato che trova i soldi dei trafficanti) avesse un piano per cavarsela, e che la narrazione ci portasse lì, ma non era davvero questo il senso del romanzo, il messaggio che l'autore voleva comunicare.

Il finale è invece amaro e non lascia alcuna speranza al lettore.
Le considerazioni finali dello scriffo Bell, le sue scelte, i suoi dubbi potrebbero essere anche i nostri, di certo dovrebbero essere quelli di molti americani. L'unico rifugio possibile è tra le braccia delle persone che ci amano.

giovedì 15 gennaio 2009

Keep on working, Bruce...

In attesa di acquistare l'album tra un paio di settimane (uscirà anche in edizione speciale con annesso dvd), primi ascolti per Working on a dream di Springsteen.
Il lavoro conferma la vena pop del precedente Magic, che per me continua ad essere davvero indigesta, ma si registrano alcuni segnali positivi.

Innanzitutto il disco si apre e si chiude con due capolavori.

Già, proprio così. Outlaw Pete, l'open track, quasi otto minuti di cavalcata acustica è roba che non si sentiva da tempo uscire dalle corde di Springsteen. Con il ritornello che si ripete ossessivo ("can you heaaar meee") e un'armonica che sembra uscita da una colonna sonora di Morricone per un western di Leone.

Di The wrestler, brano conclusivo dell'album e del film omonimo (con Mickey Rourke) si è parlato in termini molto positivi, e dopo averlo ascoltato devo dire che lo si è fatto con pieno merito.
E' Bruce chitarra e voce, che sostiene un testo struggente e una melodia semplice ed emozionante dalla prima all'ultima strofa. Da groppo in gola e gambe molli.

In mezzo a queste due canzoni, qualche scintilla di ispirazione (buone Queen of supermarket, Good eye, Life itself; passabili My lucky day e la title track) , tanto mestiere e qualche pezzo davvero deludente.

Di buono c'è anche che questa volta il nostro non ha infilato in maniera posticcia nei brani il sound E street. In effetti il disco, a parte qualche eccezione, sembra avulso dal marchio di fabbrica della band. Il che per me è un bene, in Magic, il sax di Clarence cicciava fuori in alcuni brani come il classico cavolo a merenda.

Ho sempre pensato che Bruce sarebbe invecchiato producendo sani dischi di blues e/o folk, con qualche impennata rock and roll qua e là. Per me è davvero inspiegabile la direzione che ha dato alla sua carriera. Sembra quasi una ricerca di affermazione nazional popolare (suonerà al superbowl, all'insediamento di Obama...).

Ma che ti succede, amico?

mercoledì 14 gennaio 2009

Revisionismo

Sta facendo il suo iter in parlamento il disegno di legge numero 1360, che prevede, in sostanza, l'equiparazione dei Repubblichini di Salò (alleati dei nazisti) ai partigiani e agli altri combattenti italiani, attraverso l'assegnazione di un'orificenza chiamata Ordine del tricolore.
Oltre al danna, la beffa: promotore di questa iniziativa è Lucio Barani, parlamentare socialista (?) passato al centro destra.
La cosa sta passando praticamente inosservata, anche se associazioni partigiane e alcuni partiti si sono attivati per tempo.
A questo link una esaustiva rassegna stampa sull'argomento.

domenica 11 gennaio 2009

Out of the darkness


A sorpresa, il disco che sto ascoltando di più in questi primi giorni del 2009, è quello che mi aveva maggiormento deluso al termine dello scorso anno. Chinese democracy dei Guns 'n roses. Complice anche una copia iniziale che non era un fake, ma aveva meno canzoni e ordinate in modo diverso, il primo approccio era stato devastante. Per dire, l'album iniziava con Better, che davvero con in GnR sound ha le stesse affinità che può avere un assolo di cornamusa in un disco dei Cannibal Corpse.

Ma quella manciata di brani qualche seme di curiosità deve averlo comunque seminato, se ho persevarato nell'ascolto, dandogli altre chance. Possibilità che in questi tempi di bulimia musicale (cit) concedo a pochi.

Il disco è studiassimo nota per nota, levigato, campionato e prodotto in ogno sua sfaccettatura. Nei diciassette anni di lavorazione che ci sono voluti per farlo uscire, ci deve aver messo le mani sopra ogni singolo professionista degli studi di registrazione che vive in California. Al di là del fatto che Axl Rose è uno schizzato come pochi, deve essere andato molto vicino alla pazzia, a pensare continuamente per tre lustri sempre alle stesse canzoni, e non riuscire a concluderle come voleva (o come imponeva la major).

Il lavoro è aperto da due pezzi tirati, vagamente "industrial", come è di moda oggi: la title track e Shackler's revenge.
Segue la controversa Better, forse il brano più pop del disco, alla fine una buona melodia, ma davvero spiazzante.
Con Streets of dream, If the world e There was a time il ritmo si rallenta, la prima e la terza sono lentacci che enfatizzano stile e voce caratteristici di Axl.
Altre segnalazioni le spendo per Catcher in the rye (appena avrò tempo di leggere il testo capirò cosa centra l'opera di Salinger), Rian n' the beduins, I.R.S (l'agenzia delle tasse americana?) e l'altro slow This i love.

In definitiva penso che molte delle critiche destinate all'album siano state un pò "telefonate" e preventive. Diciamocelo, nessuno al mondo, tra gli appassionati di rock e gli addetti ai lavori si aspettava un Appettite for destrucion 2. Quel disco era frutto irripetibile di un momento, di una fase creativa, di un gruppo di musicisti scopati dall'ispirazione. Cazzo, sono passati vent'anni ed è rimasto solo il cantante, che tra l'altro è suonato come un gong, davvero speravamo di sentire la nuova It's so easy?

Non so se tra dieci o vent'anni Chinese Democracy verrà rivalutato (so di bestemmiare, ma anche il pluricelebrato Pet Sounds dei Beach Boys, giusto per fare un esempio, fu distrutto dalla critica per la sua iper produzione e perchè lontano dal sound della band e più di recente, Nevermind dei Nirvana alla sua uscita fu accolto tiepidamente) oppure no.
Di certo qui non siamo davanti ad un capolavoro , ma ad un album di buon livello, ed è per questo dovrebbe essere giudicato.

giovedì 8 gennaio 2009

Life's what you make it


Già. La vita è ciò che ne fai. Puoi negare la tua omosessualità, nascondendo a tutti ciò che ti è più caro. Puoi continuare a litigare con una moglie che non ami, e forse non hai mai amato. Ci puoi anche fare dei figli, magari. Puoi rinunciare ai tuoi sogni, a ciò che volevi veramente fare, per diventare ciò che gli altri (la famiglia, la società, le convenzioni) si aspettano da te. Puoi annullare le tue aspirazioni per tirare su tre figli, mentre il tuo noioso marito sfoga le sue frustrazioni a fumare e ad ascoltare vecchi vinili in una stanzetta sul retro di un bar malfamato. Puoi buttare via il tuo talento, perdendoti nel tuo narcisismo.
Qualunque cosa tu faccia, è una tua scelta. Se rinunci a perseguire ferocemente la felicità, è come se un po’ fossi già morto.

Questo è quanto mi hanno lasciato cinque stagioni di Six Feet Under, prodotto americano pensato per la televisione (seppur quella via cavo), venduto in tutto il mondo, contaminato dalle interruzioni pubblicitarie degli assorbenti intimi femminili e dei detersivi, ma sempre profondo quanto solo l’arte popolare sa essere.

Raramente mi sono commosso tanto davanti alla tv, come al termine della puntata in cui Nate Fisher muore, sognando di nuotare in acque d’oceano caldissime, finalmente in pace con se stesso, e i titoli di coda scorrono sulle note conclusive di All apologies dei Nirvana, che riecheggia come un mantra interminabile: all in all is all we all are.

Fine.

mercoledì 7 gennaio 2009

Bottle of smoke


Il regalo per la befana dell'amica Lisa. Capita a fagiolo, visto l'attuale writer's block...

GRAZIE!

martedì 6 gennaio 2009

Best 2008, i singoli


always where i need to be - the koooks
4 minutes - madonna
fango - jovanotti
juice man - stonerider
you're a waste - be your own pet
a tout le monde - megadeth with cristina scabbia
mother mary - foxboro hot tubs
evil is alive and well - jakob dylan
estate remains - autumn defense
you'll find a way – santogold
all summer long - kid rock
riprendere berlino – afterhours
uptown - primal scream
all hope is gone – slipknot
when it rains - eli young band
follow me - pain
never miss a beat - kaiser chiefs
hey world - michael franti
better than this - keane
vita rubina – moltheni
longest days -john mellencamp
magick – ryan adams

lunedì 5 gennaio 2009

Best 2008

A differenza del 2007, l'anno appena trascorso è stato denso di soddisfazioni musicali.

Riguardando questa lista di dischi prima di postarla, riflettevo sul fatto che contiene almeno due, tre dischi oggettivamente poco significativi, che con ogni probabilità non lasceranno traccia alcuna nella storia del rock. Pazienza, per i capolavori pompati dalle major o per i titoli impossibili delle indie, ci sono altre classifiche ben più prestigiose di questa. Non è vero, come mi ha detto qualcuno, che se ti piace un disco, allora vale. Sono assolutamente consapevole di ascoltare, alle volte, autentica robaccia, ma è la mia robaccia, perciò fanculo.

Sono infine un convinto sostenitore della massima pop: if it makes you happy, it can't be that bad...

L'ordine della lista è abbastanza casuale, gli album sono elencati (più o meno) in ordine cronologico di ascolto.



Davide Van De Sfroos – Pica! 
La scoperta dell’anno, senza ombra di dubbio. Su quanto fossi prevenuto riguardo a questo artista ho già scritto, e dunque non mi ripeto. La passione per questo disco mi ha aperto le porte a tutti quelli che lo hanno preceduto. Li ho trovati buoni, ma non all’altezza di Pica!, lavoro ispirato, poetico e suggestivo. L'arte supera preclusioni e polemiche, e El puunt, Lo sciamano, New Orleans, La ballata del Cimino, Il minatore di Frontale, Il costruttore di motoscafi non si scrivono per caso. 

Caparezza – Le dimensioni del mio caos 
Altra scoperta del 2008. Non ho mai pensato a Caparezza come ad un artista “impegnato”, ma più come ad un cazzaro che aveva azzeccato un paio di rime. Questo ovviamente dimostra quanto poco io ne sapessi, in realtà. Le dimensioni del mio caos è un concept sulla società moderna, sui tanti vizi e le poche virtù di giovani, media, informazione, mercato del lavoro,politica. Non ci resta che ridere, con intelligenza però. 

Flogging Molly - Float
Ancora non mi capacito su come potessi non conoscesse questo gruppo irlandese-americano. Che nasce come figlio bastardo dei Pogues, ma poi alza il volume e il distorsore delle chitarre. Il classico irish whistle va in panchina e viene richiamato poco, la sezione ritmica pesta come negli esordi dei Clash. I testi sono rigorosamente patriottici e pieni d’orgoglio tricolore (quello d’Irlanda, ovviamente). L’esecuzione di Paddy’s lament dal vivo al Musicdrome ha rischiato di uccidermi. Per davvero.

Elio e le Storie Tese - Studentessi 
Quanto mi mancavano gli Elii. Ci siamo persi di vista per colpa mia o loro? Massì, che importanza ha...
L’importante è essersi ritrovati e aver ri-acceso la passione di una volta. Ospiti prestigiosi, musiche e testi ispirsti, e con Parco Sempione hanno scritto la canzone degli anni zero su Milano. E con brani come Ignudi fra i nudisti, Heavy samba, Gargaroz, Suicidio a sorpresa, Single è come se il tempo non fosse mai passato, sei ancora lì a domandarti: "ma come gli vengono in mente certe cose?". 

Marracash - omonimo
Premessa: il personaggio Marracash continua a starmi peso sui coglioni. Ma il disco mi ha fatto divertire non poco, e quindi recupero la “giusta distanza” giornalistica e lo infilo, perché lo merita, nel lotto dei migliori. Tanta attitudine e una grande ospitata dei bravi Cò Sang.

Motley Crue - Saints of Los Angeles
Un disco con ogni probabilità studiato a tavolino nota per nota. Il loro classico sound, quello battezzato con il pessimo Girls girls girls e perfezionato con l’ottimo Dr Feelgood. Il livello di astio del gruppo deve aver raggiunto dimensioni epocali durante le registrazioni, se è vero che subito dopo il disco invece di un tour della band, Vince Neil se ne è andato in giro per il globo (cancellando pure una data prevista in Italia) per i fatti suoi. Face down in the dirt, la title track, The animal in me, Just another phsyco e Goin out swingin' sono roba che dà ancora la merda a numerosi cloni della band che si aggirano per i palchi americani.


Hayes Carll - Trouble in mind 
Un disco piccolo piccolo, per molti versi insignificante, nel panorama della musica (anche country) americana (e figuriamoci per il resto del mondo). Complice un suggestivo concerto, questo album mi è però entrato dentro, con i suoi testi convincenti sempre in bilico tra ironia ( Wild as a turkey, I got a gig, girl downtown ) e ballate per cuori spezzati ( It's a shame, beaumont,a lover like you ). Drunken poets dream e Beaumont sono nella top ten delle canzoni dell’anno. Don’t let me fall è una malinconica ballata alla Ryan Adams e She left me for jesus, beh dice tutto il titolo. 

Hank III - Damn right rebel proud
La recensione completa è due post qui sotto, non vi ammorberò più di tanto. Hank Williams III è riuscito a pubblicare un nuovo disco (e non è cosa da poco, credetemi). Sempre più outlaws, sempre più ubriaco, sempre più libero. The Grand Ole Opry, Me and my friends, Six packs of beer, P.F.F., Candidate for suicide e Stoned and alone sono già nel cuore di tutti i fans.



The Black Angels – directions to see a ghost
Tutti i dischi contenuti in questa classifica finale hanno avuto una media di ascolti piuttosto alta. Tutti, ad eccezione di questo dei Black Angels. Il combo texano è difficile ascoltarlo a manetta. Troppo psichedelico l'impatto, troppo ossessivo il sound. Undici brani, nemmeno un ritornello.
Però dentro Directions to see a ghost (titolo meraviglioso) c'è qualcosa che rimane, una specie di mantra, un seme lasciato lì, che si acconenta di un innaffiatina ogni tanto.



Bob Dylan – Tell tale signs
Ecco, tra tante uscite discografiche suggestive ho rischiato di perdere questa. Il volume otto delle Bootleg series di Dylan. Anche in questo caso le recensione è recente, quindi mi limito a ribadire il concetto che Dylan è dio. Nuff said!



Amadou & Mariam - Welcome to Mali
I puristi dei generi musicali (qualunque genere) non sanno cosa si perdono, non capendo quando un'opera contaminata e impura, rispetto ai rigidi clichè del suo ambito, getta un ponte dall'altra parte, facendosi apprezzare anche da chi, normalmente, è avvezzo a tutt'altri ascolti.
Quelli patiti per la musica etnica, al contrario, sospireranno e alzeranno gli occhi al cielo ascoltando il nuovo lavoro di Amadou & Mariam, duo non vedente del Mali già autore di diversi dischi. "Troppo pop" direbbe qualcuno. Addirittura "troppo rock" ribatterebbe qualcun altro. Ecco perchè è bello non essere integralisti musicali. Ci si può lasciare andare a tanti Ohhhhh di stupore davanti a lavori come questo.

sabato 3 gennaio 2009

"W", gratis e per tutti


Al cinema a pagamento, gratis in tv.

Lo strano destino di "W." di Stone


La versione italiana del film arriva nelle sale il 9, e già il 19 passeràin prima serata su La7. Ma non lascerà il grande schermo: così ha voluto il regista...


ROMA - E' perseguitato da uno strano destino W., il film che Oliver Stone ha dedicato alla figura controversa ma già sbiadita di George W. Bush. Primo, per la sua condanna all'inattualità: ancora un anno fa sarebbe stato un appuntamento obbligato, col suo ritratto un po' patetico un po' al vetriolo del presidente in carica; adesso, invece, rischia di finire - proprio come gli otto anni trascorsi dal protagonista alla Casa Bianca - tra le cose passate, polverose, da mettere in soffitta e dimenticare. Secondo, per il suo particolarissimo "viaggio" in terra italiana: verrà proiettato nei cinema e in contemporanea sarà trasmesso in televisione, in prima serata. Non su un canale a pagamento, ma sulla generalista La7.


Già, proprio così: l'ultima fatica del grande regista - che ha già indagato, con uno stile personalissimo, personaggi presidenziali come Jfk o Nixon - vivrà una doppia vita, una fruizione parallela. Nel salotto di casa o in una grande sala a pagamento. In una sorta di schizofrenia distributiva, che - a quanto rivelano dalla Dall'Angelo Pictures, società titolare dei diritti per il nostro Paese - è stata voluta dallo stesso Stone. Il quale, forse già terrorizzato dal rischio oblìo che incombe sulla sua creatura, ha preteso un veloce passaggio su grande schermo. Passaggio che avverrà il 19 gennaio in prima serata, subito dopo uno speciale della trasmissione di Lilli Gruber Otto e mezzo sul cambio di testimone tra Bush e Obama. Giusto per agganciarlo saldamente a un grande evento, di stringente attualità.


Continua qui (La Repubblica)