martedì 19 luglio 2011

Into the groove






Pensi di essere sempre lì sul pezzo, attento ad ogni nuovo fenomeno musicale che si manifesti, nell'ambito dei generi che segui, e poi ti sfugge clamorosamente uno come Aloe Blacc.
Questo tizio dal nome improbabile non è,tra l'altro, nemmeno al suo esordio, visto che incide, compresi lavori autoprodotti e sotto diverse ragioni sociali, dal 1995. Il disco che mi ha folgorato (del 2010) si ispira alla black dei settanta e si chiama Good things.

Tra i tanti che provano a misurarsi con il revival del soul di quegli anni, Blacc (al secolo Egbert Nathaniel Dawkins III, classe 1979) emerge con classe realizzando un progetto credibile e appassionante. A partire da I need a dollar, il pezzo d'apertura che ha goduto di una certa diffusione radiofonica e che in USA è usato sui titoli di testa della serie How to make it in America. Ma parlavamo di credibilità. Good things viaggia principalmente sulle coordinate dei dischi di Marvin Gaye,Isaac Hayes, Bobby Womack: soul rilassato, bassi in evidenza, horns che sottolineano taluni passaggi, tanto groove. Ci sono accenni alla blaxpotation (Hey brother ) e pezzi che si contaminano con il reggae solo per i delicati movimenti in levare delle tastiere (Miss fortune), classicissime ballate fifties (Femme fatale).

Classe a tonnellate.