venerdì 16 settembre 2011

Atlantic City, Italia?






Atlantic City, anni venti. Il proibizionismo è alle porte, ma nella città del divertimento della costa est sembrano non preoccuparsene troppo. Enoch Thompson, il tesoriere del posto, sta tenendo un discorso in un'assemblea di morigerate donne di chiesa ovviamente favorevoli all’embargo agli alcoolici. L’uomo politico le blandisce raccontando una storia sui danni dell’alcolismo e sulla forza di volontà. Le femmine presenti pendono letteralmente dalle sue labbra. Uscendo dal convegno risponde alla sua guardia del corpo (Jimmy Darmody) che lo schernisce sulla veridicità dell’aneddoto che: - la verità non può rovinare una bella storia - . Poi estrae una fiaschetta dal cappotto, si fa un goccetto e sale in macchina diretto ad un casinò a far baldoria.



Atlantic City, la Las Vegas della East Coast, triste e fredda cattedrale del divertimento , raccontata splendidamente da Springsteen e da Luis Malle, rispettivamente nella canzone su Nebraska e nel film con la Sarandon, viene riportata ai suoi fasti di inizio secolo, quando era una sorta di oasi di illegalità a poche miglia da New York, nella quale corruzione, prostituzione, gioco d’azzardo, alcol e droghe si trovavano in misura maggiore che sale nel mare e venivano consumate al ritmo del più scatenato e sensuale ragtime.



La storia ruota attorno al ruolo di factotum di Enoch "Nucky" Thompson (un portentoso Steve Buscemi) che ricopre la carica di tesoriere ma che in realtà controlla tutto e tutti, polizia, sindaco e consiglio cittadino. E’ amato e rispettato dalla popolazione, fa molta beneficenza e al tempo stesso gestisce i casinò e traffica nel commercio illegale di whiskey anche attraverso rapporti con la mafia (interlocutori un imberbe Al Capone, Lucky Luciano e il boss Arnold Rothstein). Attorno a lui il tormentato reduce dalla grande guerra Jimmy Darmody come guardia del corpo, il fratello Elias Thompson a capo della polizia. Alle sue costole agente FBI Nelson Van Alden, fanatico religioso. Al suo fianco la dolce ma enigmatica Margaret Shroeder.



Ci fosse qualcuno che ancora nutre dubbi sulla dignità sempre crescente che i serial stanno sviluppando rispetto al grande schermo, beh con questa produzione si toglierebbe le ultime remore. A partire dal cast, su tutti un grandioso Steve Buscemi che finalmente ha la possibilità di esprimersi in un ruolo diverso dal quello che di sfigato/maldestro/incapace che gli avevano cucito addosso, Michael Pitt inquietante e statuario; una Kelly MacDonald dalla grande espressività, Shea Wigham che lavora per sottrazione e uno diabolico Michael Shannon. La produzione è di Martin Scorsese (che ha anche diretto il pilota) e Mark Wahlberg. La sceneggiatura è di Terence Winter, già dietro alla macchina da scrivere per i Soprano. Un grande dispendio di mezzi per la ricostruzione delle location e per la fotografia.



Alla base della storia ci sono il doppiogiochismo, i vizi privati e le pubbliche virtù, il prezzo che evidentemente secondo Winter ognuno dei protagonisti della storia, a seconda delle situazioni, ha o deve pagare. Una nemmeno tanto velata metafora della politica di oggi. Oltretutto, per noi italiani disgustati dalle vicende politiche e personali del premier è difficile non tracciare un parallelo tra il personagio di Buscemi che tiene in equilibrio aspetto pubblico (cattolico, sempre sorridente nei bagni di folla, un dollaro di mancia per tutti e una storiella alla bisogna) e affari privati (stravizi, complotti, malaffare, ) con quello di Berlusconi.

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