venerdì 27 aprile 2012

Way down in the hole, The Wire stagione due


Quest'uomo


è Frank Sobodka, responsabile del sindacato al porto di Baltimora e straordinaria figura tragica, fulcro centrale della seconda stagione di The Wire. A interpretarlo Chris Bauer, che ci offre una prova eccezionale di recitazione trattenuta costruita quasi esclusivamente sulle espressioni facciali, sugli sguardi, sul linguaggio del corpo. E' lui a mio avviso il protagonista indiscusso del secondo capitolo della saga che si svolge appunto ai docks della capitale del Maine, dove il lavoro scarseggia e gli uomini vengono chiamati a giornata, a seconda del numero di navi che ormeggiano. Il sindacato gestisce le liste di lavoratori da impiegare, ma c'è crisi di occupazione e l'unica speranza di crescita è la ristrutturazione di una zona del porto (il molo del grano), i cui lavori necessitano però di autorizzazioni istituzionali ai massimi livelli e per averli bisogna fare lobby ungendo un determinato schieramento politico. Allo scopo di trovare i fondi il sindacato, in combutta con un'associazione criminale e con la complicità di buona parte degli operai del porto, ogni tanto fa sparire un container di merce. E' per una buona causa e sono tutti convinti di non danneggiare nessuno. Fino a quando scoprono nella maniera più drammatica il contenuto di un container disguidato... Questo evento, unito ad una banale lite con l'anziano e indisponente maggiore di polizia della zona scatenerà un escalation di eventi dalle conseguenze catastrofiche.

E i buoni? I protagonisti della serie? Ci sono tutti ma gli autori sono abili a tenerli in qualche modo fuori dalla luce dei riflettori (la cosa vale sopratutto per McNalty) concentrandosi molto sui nuovi personaggi e tenendo vivo il collegamento con le vicende delle case popolari, soggetto della prima stagione.

Il ritmo della storia subisce un'impennata rispetto alla prima tornata di episodi, tutto accade in maniera più vorticosa, seppur la storia riesca comunque a prendersi il tempo e gli sviluppi non siano quasi mai banali (a proposito di situazioni non comuni in un prodotto televisivo, per ben due volte viene mostrato il pene di Ziggy, superdotato figlio di Frank). La musica ha un posto d'onore da subito, "ospiti" del baraccio del porto nel primo episodio i Nighthawks, leggendaria band USA di rock-blues. In seguito diversi momenti significativi della serie sono sottolineati da lunghi passaggi di brani più o meno noti: mentre scorrono le immagini di McNalty che ubriaco perso fa autoscontri con la propria vettura  ci sono i Pogues di Transmetropolitan; un'altra puntata è aperta da I walk the line di Johnny Cash che esce da uno stereo a cassette e le ultime immagini dell' episodio conclusivo sono accompagnate da I feel alright di Steve Earle. In pratica un soundtrack composto saccheggiando la mia collezione di dischi.
La considerazione finale è ancora una volta estremamente positiva. Gli autori di The Wire hanno una capacità straordinaria di introdurre personaggi credibili e palpitanti che sono i punti di forza del progetto, e di sviluppare storie estremamente verosimili. Anche la seconda stagione, così come la prima, si congeda infatti dal suo pubblico con un'amarezza di fondo e una vittoria a metà del corpo speciale di polizia capitanato da Daniels (Lance Reddick).

Faccio una pausa prima della terza. So già che quando terminerò la visione della saga mi sentirò un pò smarrito.

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