mercoledì 2 maggio 2012

Il ritorno dei morti viventi, seconda stagione - conclusione

A volte penso che farei volentieri a meno di tutto l'eccesso di informazione che, volente o nolente, frequentando forum, blog e/o social network ti travolge. Chissà quale giudizio complessivo avrei dato della seconda stagione di The Walking Dead se non avessi saputo ad esempio del grosso taglio di budget della produzione rispetto alla prima e dell'allontamento dell'autore Frank Darabont durante la pausa programmata a metà season. Conoscere questi elementi ha indubbiamente condizionato la mia valutazione dell'opera conducendomi a spiegazioni più tecniche degli avvenimenti, togliendomi un pò di sospensione dell'incredulità.

Il mio giudizio complessivo della seconda stagione è comunque positivo. Ad una prima parte molto lenta ( ma con una conclusione devastante) e priva di quelle magnifiche immagini che avevano caratterizzato la stagione uno insieme alle sequenze nelle metropoli spettrali e alle scene di massa, nella quale, come già scritto, spiccava nettamente la metamorfosi di Shane Walsh, ha fatto seguito una seconda che ha ripreso a premere sull'acceleratore dell'azione, con conseguenze molto significative sulla dinamica della storia e sui personaggi.


Senza entrare troppo nel merito degli sviluppi, mi sembra di poter dire che gli sviluppi più rilevanti riguardano il profilarsi all'orizzonte di un gruppo di sopravvissuti violento e senza scrupoli e la conferma di un ulteriore, micidiale effetto del virus che trasforma gli uomini in zombie. Non ho particolare rimpianto per i personaggi che hanno abbandonato la serie eccezion fatta per Jon Bernthal (Shane, nella foto), senza dubbio la marcia in più della stagione appena conclusasi. Dovessi esprimere un desiderio per la terza annata di programmazione, mi piacerebbe rivedere sullo schermo lo psicopatico razzista Merle Dixon, magistralmente interpretato da Michael Rooker, fino ad ora tornato solo nelle allucinazioni del fratello Daryl.

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