lunedì 17 settembre 2012

ZZ Top, La futura

American Recordings, 2012

A me piacevano Eliminator e Afterburner, Patrizio mi guardava con disprezzo. "Tutti quei sintetizzatori... I veri ZZ Top erano quelli del decennio precedente (metà settanta): Tres hombres, Fandango, Tejas, mica roba per fighette come Gimme all your lovin, diamine!" Chiaramente aveva ragione, anche se il suono più poppizzato degli ottanta aveva il suo perchè, dopo sette album con picchi di eccellenza ma tutto sommato monodirezionali.

Questo pacato scambio di opinioni avveniva suppergiù nell'estate nel novantuno,   da   lì a poco gli zìzì sarebbero usciti dal radar delle mie scelte musicali, impegnato com'era ad orientarsi verso nuovi orizzonti, ad osannare altri artisti  e scoprire band eccitanti. 

Ultimamente anche gli ZZ Top hanno rarefatto i loro impegni, visto che La futura è il secondo album rilasciato negli ultimi tredici anni e segue di nove il precedente Mescalero.    

Che il tempo sia servito a ricaricare le batterie non è dato saperlo, certo è che i  tre hombre (tutti del '49, 189 anni complessivi), coadiuvati dalla produzione di Rick prezzemolino Rubin, tirano fuori oggi un lavoro tosto, torrido e coinvolgente, in memoria sì dei vecchi tempi, ma non senza qualche concessione anche all'era dei successi su MTV, in un riuscito equilibrio che va dal blues elettrico fino alle soglie del boogie hard rock, da John Lee Hooker agli AC/DC (che insomma qualcosa gli devono a livello di sound).

La fender slabbrata dell'opener di I gotsa get paid ci riporta ai masterpiece dei settanta, con il valore aggiunto della voce di Gibbons che invecchiando diventa ancora più caratteristica e viene giustamente enfatizzata rispetto agli altri strumenti. Il boogie blues marchio di fabbrica della band arriva come una coltellata nella seguente Charteuse, mentre Over you è un classico lento ai confini con il soul che avrebbe potuto figurare nelle tracklist della produzione di Clapton dei settanta, e Heartache blues, grazie anche all'utilizzo  della armonica, riallaccia il cordone ombelicale con John Lee Hooker. I don't wanna lose, lose you è il classico pezzo dal ritornello killer che si stampa in testa mentre Flying high è  la traccia dalle ambizioni più pop-metal-mainstream del lotto. It's too easy manana è un altro lento sofferto che evoca efficacemente l'immagine standard del gruppo fatta di strade polverose e città di confine.

Un disco che mi sta dando grande soddisfazioni. E chissà cosa ne penserebbe Patrizio.

7,5/10


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