mercoledì 13 febbraio 2013

Breaking Bad, season 3


Per quanto Breaking Bad mi abbia immediatamente fidelizzato, non posso negare che all'inizio della terza stagione mi sia trovato improvvisamente vittima della sindrome Occhi del cuore. I fans di Boris sanno di cosa si tratta, per gli altri spiegherò brevemente. In quel serial si faceva satira sulle tremende soap italiane attraverso i dietro le quinte di una di fantasia (gli Occhi del cuore, perlappunto). Mentre di norma i suggerimenti del regista Renè agli attori erano di assumere espressioni basite per sostenere l'intreccio (oddio, l'intreccio) della trama (oddio, la trama), nell'ultima puntata, dove tutto veniva risolto (oddio, risolto), i visi dovevano adattarsi al clima ed assumere dunque un'espressione di simulata comprensione degli eventi.
Ecco, avendo lasciato Skyler, la moglie di Walt, del tutto attonita e totalmente all'oscuro delle attività del marito, m'è preso un colpo nel ritrovarla alla prima puntata della nuova stagione con espressione di simulata comprensione dire al marito che sa del suo coinvolgimento nel campo della droga e  della montagna di soldi nascosta nel basement.
Superato lo spiazzamento e proseguendo con la visione, ho capito la ragione di questa brusca scelta degli autori: provocare la rottura delle dinamiche narrative delle prime due stagioni. Rimosso il segreto di Walt (uno dei segreti, senza dubbio il più importante) ed accantonato il tema della malattia (il cancro è in regressione e White sta bene) si ha tra le mani un nuovo inizio. E la cosa, indubbiamente, funziona.
Perché Skyler diventa più stronza e Walter, dopo uno sbandamento iniziale, più badass. Jesse, uscito da un periodo in rehab torna la solita inaffidabile testa di cazzo; Hank chiude definitivamente la porta alla promozione a El Paso e la moglie Marie (da highlights la scena dell'handjob in ospedale) dimostra di non essere solo una gatta morta; il cartello messicano della droga deflagra nella vicenda attraverso due terrificanti sicari e Saul Goodman ha un sussulto di inaspettato coraggio, proteggendo Jesse.
Capitolo caratteristi. Saluto con piacere la presenza di Jonathan Banks, faccia malinconica e molti ruoli da duro in diversi film del passato, qui utilizzato per un ruolo...da duro (investigatore privato/tuttofare al soldo del boss Gus). Altro viso noto è quello di David Costabile, nei panni del chimico Gayle, che, ad intermittenza, coadiuva in cucina Walter, e che per una bizzarra intuizione degli sceneggiatori ad un certo punto si mette a canticchiare Crapa Pelata del quartetto Cetra, un pezzo dello swing italiano degli anni quaranta (con il ritornello in dialetto milanese). Aumenta anche lo spazio di Giancarlo Esposito (a dispetto del nome un nero che potrebbe interpretare Obama, qui nei panni del boss Gustavo Fring) mentre è sempre troppo poco quello dedicato all'irresistibile avvocato Saul, interpretato da Bob Odenkirk.
Cliffhanger finale come dio comanda.
Faccio spazio a qualche altra serie accumulata nel tempo e poi mi tuffo nella stagione quattro e cinque (prima parte).

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