venerdì 23 agosto 2013

It's never too late to mend: Bruce Springsteen - Magic


Per quanto questa occasionalissima rubrica sia preposta alla rivalutazione di dischi sottovalutati, nel caso di Magic, album rilasciato nel 2007 da Springsteen, non possiamo parlare di vera e propria illuminazione postuma, ma piuttosto di parziale revisione del giudizio iniziale. 
Una volta scemate infatti le spaventose aspettative che nutrivo fino a quel periodo per ogni uscita di Bruce e riascoltato con maggior tranquillità l'album, mi sento di affermare che in qualche modo anche questo lavoro ha un suo dignitoso perchè. 

Innanzitutto c'è da premettere che Magic arriva a coronamento di un triennio che ha visto l'artista del New Jersey molto impegnato a diversificare le sue opere, caratterizzate inizialmente dalle pennellate intimiste di Devils and dust nel 2005 e dalla meravigliosa caciara irlandese delle reinterpretazioni della musica di Pete Seeger, che giungono qui ad approdi decisamente pop oriented.
Nonostante l'album si apra con un rock chitarristico, ruvido, tirato e scarno dove rivive idealmente il disperato protagonista di Open all night (su Nebraska) che cerca una via d'uscita dalla sua alienazione, infatti, il mood dell'album si sposta poi decisamente su territori più soft e ariosi che impongono ganci melodici accattivanti e testi perlopiù disimpegnati, oltre ad un recupero, che allora trovai forzato e irritante, di alcuni classici passaggi del sound che è diventato, col tempo, un brand della E Street Band.

Così Living in the future sembra (musicalmente parlando) una 10th avenue freeze out 2.0 e I'll work for your love esordisce con quell'inconfondibile pattern pianistico marchio di fabbrica del primo periodo (1973/75) della E Street (Incident on 57th street, Jungleland su tutte).
Quello che scopa nel culo da die hard fan e delusione per un prodotto sicuramente derivativo mi impediva di apprezzare sei anni fa e che invece oggi mi si rivela limpidamente, è la leggerezza dell'album, la sua freschezza quasi sixties, la nostalgia che pervade alcune tracce, come nel caso della suggestiva Girls in their summer clothes (che omaggia Roy Orbison)  e la voglia, per una volta, di non comporre canzoni con un messaggio forte ed un attitudine da opinion leader, ma solo per il gusto di farlo, accontentadosi, per modo di dire, di darti una bella melodia da fischiettare sotto la doccia. In questo Bruce è un maestro e Magic riuscitissimo.

Le mie preferenze vanno alla parte che si sviluppa a partire da metà album, con la già citata I'll work for your love, che illustra in modo molto delicato e romantico una storia d'amore in età matura ("Versami da bere Teresa, in uno di quei bicchieri che hai spolverato / E osserverò le costole sulla tua schiena come stazioni della via crucis"), il gioiellino acustico della track-list, le ruvidezze di The last to dieunica canzone con esplicito contenuto politico (di recente imprevedibilmente ripresa dai Pet Shop Boys), e la cavalcata di The long way home

Insomma, a culmine di un periodo, iniziato con The rising e in parte proseguito con Devils and dust, nel quale molti americani arrivarono addirittura a chiedere a Springsteen un ruolo politico, reclamandone  a gran voce la "discesa in campo", sembra quasi che Bruce abbia voluto mandare un messaggio forte e chiaro: "slow down people, i'm just a musician and it's only rock and roll. Have fun!!!"
Pirla io a non averlo capito.


2 commenti:

Blackswan ha detto...

Da Springsteeniano di ferro, e probabilmente proprio per questo,nonostante tutto quello che i detrattori dicono, Magic è un buon disco, con una perla che è The Last To Die.

monty ha detto...

Nella mia personale classifica dei
dischi di Bruce lo piazzo davanti
a Human touch ma dietro a Lucky town.