mercoledì 23 aprile 2014

True Detective


Non c'è da meravigliarsi che True Detective sia la serie più seguita dai cinefili normalmente non avvezzi al fascino delle serie televisive. Gli indizi portano  tutti a questa inevitabile conclusione: intanto la struttura della fiction, breve e autoconclusiva, è costruita come fosse un film di sei ore, più che una soap interminabile, poi l'ampio respiro del racconto e gli straordinari attori coinvolti nel progetto (elemento questo in realtà ormai all'ordine del giorno nel vasto universo delle tv via cavo americane) ha fatto sì che anche quanti di norma si ostinino a considerare i telefilm come arte di serie B rispetto al cinema, si siano dovuti ricredere.

Molto del merito, è inutile girarci intorno, va riconosciuto a Matthew McConaughey, artista catturato in uno stato di grazia strabordante, che ci regala un'interpretazione di Rusty Cohle, il personaggio più affascinante e tormentato della storia, a dir poco epocale. Aggiungo però che McConaughey non poteva trovare spalla migliore di Woody Harrelson, eccezionale nel rendere il ruolo ordinario di Martin Hart, character almeno all'inizio pervaso dall'ipocrisia del classico all american boy, tutto casa e chiesa, amico di tutti e fedigrafo compulsivo.

True Detective non rivoluziona la struttura delle classiche crime story, ma si impone in virtù di un'autorevolezza complessiva (cast, regia, fotografia, soundtrack) che stabilisce un nuovo standard d'eccellenza che sarà difficile da eguagliare per i "competitors", ma anche per il proseguo stesso del serial (che ad ogni stagione si rinnoverà negli interpreti e nella struttura).
La storia si dipana, sfruttando inizialmente il meccanismo narrativo del flash-back, sullo sfondo di una Louisiana  non dissimile al terzo mondo, in mezzo alla popolazione più povera e disperata,  agli edifici fatiscenti, alle baracche di lamiere adibite ad abitazione, tra adulti e bambini che riducono in fretta la distanza tra indigenza e sopraffazione attraverso una violenza ottusa e brutale che diventa ordinaria, sullo sfondo costante di una religione autoreferenziale, non così lontana dal fondamentalismo cristiano.

Negli anni novanta, i detective Hart, affabile e solare e Cohle (nuovo arrivato con un passato undercover nella narcotici), cupo e nichilista, indagano sull'omicidio di una prostituta, avvenuto con modalità legate a culti religiosi e strada facendo incappano in una serie di sparizioni di bambini, apparentemente inghiottiti nel nulla della desolazione di quei posti. Cohle è meticoloso e gira con una cartella nera, guadagnandosi subito l'appellativo di taxman, mentre Hart fatica a sopportarlo e si limita a fare il suo. Le vicende ci vengono mostrate a ritroso nel corso di un interrogatorio in tempo reale al quale i due, nel frattempo fuoriusciti dalla polizia, sono sottoposti . La vicenda vive così in due fasi separate da un lungo iato, la prima, coperta dal flashback, nel corso degli anni novanta, la seconda a seguire l'interrogatorio e il nuovo incontro tra Rust e Martin.

Il serial vive di momenti altissimi, sia dal punto di vista tecnico (su tutti un piano sequenza di oltre sei minuti al termine dell'episodio quattro), che attoriale (highlights assoluti i monologhi filosofici di Cohle/McConaughey, talmente giganteschi in originale che vederli doppiati meriterebbe pesanti pene corporali).
Di fronte a tanta bellezza, col senno di poi, mi sento un po' coglione ad aver criticato, nei commenti a caldo, la conclusione della vicenda. E' vero, l'agghiacciante realismo (dalle parti di Ellroy o di Lansdale) usato per la narrazione, induceva a pensare ad un epilogo diverso e alcuni indizi disseminati nel corso delle puntate sono stati inspiegabilmente abbandonati dagli sceneggiatori, ma a mente fredda realizzi che in realtà tutta la storia ruotava intorno alla ricerca di una redenzione personale dei due protagonisti. Redenzione infine raggiunta attraverso una catarsi violenta e dolorosa sia sul piano fisico che spirituale (insisto: anche questo è elemento fortemente ellroyano) dalla quale entrambi escono trasformati.

Per questo, e non solo per questo, nonostante il livello di eccellenza raggiunto in media dai serial americani, True Detective è già storia della televisione.

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